Ieri, il Tesoro ha raccolto 3,5 miliardi con l’emissione di BTp in dollari a 3 e 30 anni. Gli ordini si sono concentrati sulla scadenza più longeva, anche se ancora non abbiamo dettagli sulla composizione della domanda per tipologia e provenienza geografica degli investitori. Nel dettaglio, la tranche triennale con scadenza 6 maggio 2024 e cedola 0,875% è stata collocata sul mercato a un prezzo di 99,673 centesimi. Così, ha esitato un rendimento annuo lordo dello 0,986%. L’importo emesso è stato di 2 miliardi di dollari, a fronte dei quasi 5 miliardi richiesti.

L’emissione in dollari a 30 anni ha avuto, come dicevamo, maggiore successo. Ordini per 6,2 miliardi e importo offerto di 1,5 miliardi. Scadenza 6 maggio 2051 e cedola 3,875%, il prezzo di collocamento esitato è stato di 98,897 centesimi. Pertanto, il bond debutta con un rendimento lordo del 3,938%. Per entrambe le tranche, la data di regolamento è fissata per il prossimo 6 maggio.

Quella di ieri è stata la terza emissione in dollari da quando il Tesoro ha riesumato i BTp in valuta americana nell’autunno 2019. In precedenza, l’ultima operazione di questo genere era avvenuta nel 2010. Al momento, sul mercato sovrano italiano abbiamo tot BTp in dollari con scadenze nel settembre 2023, ottobre 2024, febbraio 2026, ottobre 2029, giugno 2033 e ottobre 2049. A queste si aggiungono i bond di ieri.

Emissione in dollari non attraente per il mercato USA

Il Tesoro si sta costruendo una curva delle scadenze, coprendo sia il tratto medio-breve che quello medio-lungo. Manca il tratto ventennale, che alla luce del ritorno alle emissioni di Treasuries anche su questa scadenza, non sarebbe da scartare. Come anticipato alla vigilia dell’emissione in dollari del Tesoro, questi bond espongono al rischio di cambio. Qualora l’euro si apprezzasse contro il biglietto verde, il capitale e lo stesso valore delle cedole si ridurrebbero.

Non risulta difficile immaginare perché abbia avuto maggiore successo l’emissione in dollari della tranche a 30 anni. Il premio offerto dal Tesoro rispetto al BTp in euro di pari durata è ben maggiore e teoricamente capace di proteggere l’investimento dal rischio di cambio.

E pensare che nel novembre scorso, proprio il trentennale non fu emesso dal Tesoro. Era circolata l’indiscrezione che lo avrebbe collocato sul mercato insieme al quinquennale, ma non fu così.

In quell’occasione, il 70% della domanda arrivò dall’Europa. Può sembrare curioso che gli investitori americani, sui quali non ricade alcun rischio di cambio, si siano mostrati “freddi”. Probabile che siano rimasti ai margini anche all’emissione in dollari di ieri. Il fatto è che i Treasuries stanno deprezzandosi e offrono rendimenti più alti di qualche mese fa. In previsione, diverranno ancora più redditizi tra qualche mese o anno. Dunque, il premio offerto dai BTp in dollari appare destinato a restringersi, peraltro a fronte di un rischio di credito ben maggiore.

[email protected]