Lo spread apre questa settimana a 245 punti base, a conferma che i titoli di stato italiani restano gravati da una forte pressione sui mercati. Non aiuta il dato sull’inflazione americana a settembre, sceso solamente all’8,2% dall’8,3% di agosto. Malgrado la Federal Reserve abbia alzato in appena sei mesi i tassi d’interesse di 300 punti o 3%, i risultati stentano ad arrivare. E così il mercato sconta un altro maxi-rialzo al board di inizio novembre, seguito verosimilmente da altri 1-2 aumenti fino a portare il costo del denaro in area 5%.

Questa prospetta lancia l’allarme sulla sostenibilità dei debiti pubblici più alti, tra cui dell’Italia. E il BTp a 10 anni stamattina viaggia a poco meno del 4,75%. Nelle ultime settimane, si aggira sostanzialmente nel range 4,30-4,80%. Il rendimento era sceso fin sotto 4,10% quando sembrò arrivare dalla Germania un’apertura alle emissioni di debito comune contro il caro energia.

Quel che emerge da questi numeri è che il BTp a 10 anni, in particolare, sia “oversold”, iper-venduto. Se andiamo indietro con lo sguardo fino alla nascita dell’euro, cioè alla fine degli anni ’90, ci accorgiamo che il rendimento decennale medio italiano è stato del 4,05%. Attualmente, siamo al 4,75%. In pratica, il rendimento supera la media storica.

Viceversa, se applichiamo lo stesso discorso al BTp a 30 anni, notiamo che esso abbia offerto in media un rendimento del 4,75%. Stamattina, sta al 4,56%, cioè un po’ sotto la media storica. Dunque, il mercato avrebbe venduto eccessivamente i decennali per spostarsi sulle scadenze ultra-lunghe? Il discorso è un po’ più complesso. Questi numeri di cui vi abbiamo dato conto risentono dell’effetto inflazione. A settembre, in Italia è salita all’8,9%. Non era stata mai così alta da metà anni Ottanta.

BTp a 10 anni “svalutato” da inflazione

Ora, nessuno prevede fortunatamente che i prezzi al consumo nel nostro Paese crescano ai ritmi attuali anche nei prossimi anni.

Ci sarà un rallentamento verosimilmente già nei prossimi mesi. Ma sta di fatto che il governo uscente stimi l’inflazione italiana al 4,3% per il 2023, più del doppio del target BCE e quadruplo della media decennale pre-Covid. Poiché resterà relativamente elevata anche nel medio-periodo, i rendimenti delle scadenze meno lunghe ne risentono in negativo. Non puoi accettare un BTp a 10 anni a un rendimento intorno al 2%, dato che sarebbe nel complesso più che divorato dalla perdita del potere di acquisto. Tant’è che lo stesso Bund rende al momento intorno al 2,30% e nelle scorse sedute ha sfiorato il 2,50%.

L’effetto inflazione tende a diradarsi sulle scadenze più lunghe. Un BTp a 30 anni che offre già più del 4,50% si rivela sufficientemente redditizio, a meno che l’inflazione non restasse elevata per decenni. Ma tale scenario non è contemplato da alcuna previsione. Insomma, al netto delle tensioni specifiche sul nostro debito, il BTp a 10 anni risulta gravato dall’inflazione e, in quanto tale, è iper-venduto.

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