E’ emergenza Coronavirus anche nel Sud America e lo stato più colpito risulta sinora l’Ecuador, dove le statistiche ufficiali all’inizio di questa settimana parlavano di quasi 1.100 casi e 18 morti. E il ministro delle Finanze, Richard Martinez, ha annunciato nei giorni scorsi che si avvarrà del periodo di grazia di 30 giorni per il pagamento delle cedole sul bond in dollari USA con scadenza 28 marzo 2022 e tasso fisso 10,75% (ISIN: XS1458514673). I risparmi così ottenuti saranno impiegati per la lotta alla pandemia, ha spiegato.

Dovrebbe trattarsi di un rinvio dei pagamenti, anche perché in settimana ha versato 300 milioni agli obbligazionisti, in relazione al rimborso del capitale di un bond in scadenza. Inoltre, già l’Ecuador aveva stretto un accordo con il Fondo Monetario Internazionale per ricevere aiuti per 500 milioni, i quali dovrebbero essere inviati in aprile.

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Ma i mercati finanziari non si fidano ed è scattato l’allarme default. Il bond in questione è precipitato in area 26 centesimi, offrendo giovedì scorso un rendimento superiore al 180%, di fatto seguendo un percorso del tutto simile a quello del Libano, i cui Eurobond sono implosi nelle settimane precedenti alla dichiarazione ufficiale di default del governo. Lungo l’intera curva si registrano prezzi in picchiata. Il bond 20 giugno 2024 e cedola 7,95% (ISIN: XS1080330704) quotava appena sopra 16 centesimi venerdì, rendendo più del 170%. Male anche la scadenza 13 dicembre 2026 e cedola 9,65% (ISIN: XS1535071986) a 14,50 centesimi e per un rendimento annuale sopra il 155%.

Nei mesi scorsi, queste obbligazioni prezzavano sopra la pari. In poco tempo, hanno perso anche più dell’80%, segno che nessuno tra gli investitori internazionali ritiene che Quito sia in grado di pagare. L’emergenza Coronavirus ha fatto schiantare i prezzi internazionali del petrolio, materia prima che il paese latinoamericano esporta, vedendosi così crollare le entrate in dollari.

Dunque, a rischio vi sarebbero proprio le riserve valutarie, anche perché non dobbiamo dimenticare che l’Ecuador ha adottato sin dal 2003 il dollaro come moneta nazionale, rinunciando alla propria. E la forza del biglietto verde di questa fase sta certamente indebolendo le esportazioni domestiche, rendendo il paese meno competitivo.

L’ultimo default dell’Ecuador avvenne nel 2008

Pesa come un macigno, infine, la storia recente dell’Ecuador, in default per due volte, di cui la seconda solamente nel 2008, quando l’allora presidente Rafael Correa ripudiò il debito, definendo “disgustosi” gli investitori esteri. Probabile che gli aiuti dell’FMI riescano a tamponare la crisi nel brevissimo termine, ma non saranno certamente erogati gratis. Non è da escludere, anzi, che proprio l’istituto richieda al governo assistito di ristrutturare il debito sovrano per renderlo più sostenibile, sebbene in rapporto al pil questi ammonti solamente al 45%. Il problema, come nel caso dell’Argentina, però, risiede nelle gravose scadenze in un arco di tempo concentrato e le quali, essendo denominate in una moneta straniera (nel caso dell’Ecuador, anche ormai nazionale), impattano sulle riserve.

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Di certo, questa crisi sanitaria globale sta moltiplicando i casi di stress finanziario nei vari continenti. Se in Europa è l’Italia al centro dei timori del mercato e se già una terza economia dopo Argentina e Venezuela in America Latina sta per cadere in default, in Africa lo stesso destino attenderebbe il Zambia, i cui rendimenti segnalano un altro scenario avverso agli investitori. In questo caso, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il crollo dei prezzi del rame, a conferma di quanto stretti siano i legami tra debiti emergenti e materie prime. Ed emerge la grave sottovalutazione dei rischi da parte degli investitori, se è vero che questi bond, fino a poche settimane fa, offrivano rendimenti compatibili con uno stato delle finanze abbastanza buono.

La caccia alla “yield” ha fatto danni.

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