Il rendimento dei BTp a 10 anni si dirige verso il 2%, attestandosi oggi vicinissimo all’1,9%. Un balzo di circa mezzo punto percentuale in appena una settimana, che si è tirato dietro anche lo spread con il Bund di pari durata. Questi è salito sopra 160 punti base, un livello mai così alto dall’estate di due anni fa, a pochi mesi dall’inizio della pandemia. I più alti tassi dei BTp comportano aggravi di costo per i conti pubblici.

A gennaio, il Rendistato della Banca d’Italia ha esitato un rendimento medio lordo per i titoli di stato negoziati sul mercato secondario e ponderati per i rispettivi importi dello 0,78%.

Oggi, il BTp a 7 anni viaggia all’1,50%. Perché questo confronto? Alla fine del 2021, la vita media residua dei nostri bond era salita a 7,11 anni. Questo significa che mediamente un BTp scade tra poco più di 7 anni e che, quindi, il rendimento su questa scadenza tende a mostrarci il costo medio del debito pubblico italiano di nuova emissione.

Tenuto conto anche che a gennaio lo stock di debito contratto in forma di titoli di stato fosse sui 2.250 miliardi di euro, il quasi raddoppio del rendimento medio equivale ad oggi a un maggiore costo di 16 miliardi a carico dei contribuenti. Fanno circa 270 euro a testa, neonati compresi. Ma per nostra fortuna, le cose non andranno così male, a meno che non peggiorino di molto. Tant’è che il governo Draghi per quest’anno ha previsto un calo della spesa per interessi dal 3,4% al 2,9% del PIL. Parliamo di un risparmio di 9 miliardi.

Tassi BTp su, spesa per interessi ancora in calo

Ha preso una cantonata? Il tempo dirà quanto la stima sia stata accurata, ma quasi certamente la spesa per interessi continuerà a scendere anche quest’anno. Questo è dovuto al fatto che il Tesoro continua ad emettere nuovo debito a costi più bassi di quelli legati al debito che arriva a scadenza.

Quest’ultimo nel 2021 dovrebbe essersi attestato a circa il 2,3%. Ma a gennaio, pur quadruplicando rispetto alla media del 2021, il costo medio di emissione è stato dello 0,4%. E anche qualora esso salisse stabilmente all’1,50%, risulterebbe pur sempre inferiore a quello medio dei bond in scadenza. Dunque, la discesa proseguirà. Semmai, potrebbero ridursi i risparmi ipotizzati e iscritti a bilancio, pur solo di qualche miliardo.

E i 16 miliardi di cui sopra? Delineano uno scenario di lungo periodo e raffrontato a quello che si prospettava a gennaio. Com’è ovvio, il debito pubblico non scade tutto in un anno, per cui dovrà essere rifinanziato nell’arco di tanti anni, per l’appunto più di 7, stando alla vita media indicata. E questo aspetto ci protegge dai repentini rialzi dei tassi BTp. Infine, nel caso in cui i costi esplodessero, lo stato potrebbe temporaneamente optare per accorciare le scadenze e, quindi, spendere di meno sulle nuove emissioni. Non sarebbe un bel segnale, anzi; ma contribuirebbe ad affievolire l’extra-carico sulle spalle dei contribuenti.

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