Era assente dai mercati internazionali dei capitali da quasi un anno. L’ultima emissione risaliva, infatti, al novembre dello scorso anno. Ma questa settimana l’Arabia Saudita si è riaffacciata con un nuovo bond in dollari a 10 anni. Ha così raccolto 2,5 miliardi, la stessa cifra incassata con il nuovo sukuk a 6 anni. I sukuk sono obbligazioni in voga nel mondo islamico, in quanto compatibili con la Sharia. La legge coranica proibisce, infatti, di prestare denaro dietro interesse. Elevati gli ordini, i quali complessivamente hanno raggiunto i 26,5 miliardi.

Se il sukuk è stato prezzato a 105 punti base sopra il Treasury di pari durata, il bond in dollari a 10 anni ha offerto un premio di 155 punti. Inizialmente, erano stati previsti rendimenti a +135 e +180 punti rispettivamente. Sulla base dei dati che abbiamo a disposizione, emerge che l’emissione convenzionale è stata prezzata a un rendimento in area 5,55%. Prima dell’emissione, infatti, il decennale americano viaggiava a poco più del 4%.

E’ evidente che il bond in dollari del regno sia molto allettante. Il rischio di credito teorico è molto basso. Parliamo di uno stato che vanta un debito pubblico inferiore al 30% del PIL e che con il rialzo delle quotazioni petrolifere chiuderà quest’anno il bilancio in attivo. Peraltro, la domanda è stata tonica anche in considerazione del fatto che il Golfo Persico negli ultimi mesi si è rivolto raramente ai mercati per chiedere capitali. Non ne ha bisogno.

Crisi russa fa bene a bond in dollari sauditi

E c’è un altro fattore a rendere il bond in dollari appena emesso di grande interesse. L’Arabia Saudita sta approfittando della crisi geopolitica tra Russia e Occidente. Non solo per via delle alte quotazioni del petrolio esportato, ma anche perché i bond russi sono oggetto di sanzioni da parte di Europa e Nord America. Ciò costringe i loro investitori ad optare per i titoli di altri paesi.

I bond in dollari sauditi, poi, stanno crescendo di peso negli indici obbligazionari, chiaramente a discapito di quelli russi.

Contestualmente all’emissione, Riad annunciava l’offerta rivolta ai detentori dei bond in scadenza nel 2023 (3 miliardi), aprile 2025 (4,5 miliardi), ottobre 2025 (2,5 miliardi) e nel 2026 (5,5 miliardi). Essa punta al rimborso anticipato di tutti i 15,5 miliardi di dollari posseduti in data 24 ottobre. E perché mai il regno ha chiesto nuovi denari ai mercati con l’offerta di sukuk e bond in dollari, quando al contempo sta provvedendo a ritirare dalla circolazione bond per un importo più che triplo di quello incassato? Semplicemente per mantenere attiva la propria presenza sui mercati.

Il rimborso anticipato dei bond in dollari emessi negli anni passati conferma che l’Arabia Saudita non ha bisogno di denaro, ma che anzi riesce ad abbattere nel complesso il suo indebitamento. Nelle scorse settimane era stata la volta del suo fondo sovrano (PIF) con l’emissione di un green bond in dollari multi-tranche da 3 anni. Per l’occasione è stato offerto anche un titolo a 100 anni al 6,70% di rendimento.

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