La Svizzera è una delle pochissime economie al mondo per il momento rimasta al riparo dal fenomeno inflazione. Pur essendo salita ai massimi dal 1993, ad agosto era ancora al 3,5%. Nell’Eurozona, invece, a settembre già toccava il 10% tondo. Anche per questo il franco svizzero si è rafforzato nell’ultimo anno di oltre l’11% contro l’euro, salendo ai massimi storici. Una prospettiva che rende interessante anche un investimento sinora scartato mentalmente a priori: nei bond svizzeri. La ragione è semplice: la Svizzera è stata la patria dei rendimenti negativi fino a qualche mese fa e, a dire il vero, ancora oggi è avidissima di rendimenti.

La scadenza a 30 anni offre poco più dell’1%. Roba, al confronto, da far diventare la Germania quasi l’Italia della situazione.

BNS tollerante con il “super” franco svizzero

La Banca Nazionale Svizzera (BNS) ha abbandonato l’era dei tassi negativi dopo otto anni a settembre. Un fatto quasi storico, che potrà avere ripercussioni proprio sui bond svizzeri. Il rendimento a 12 mesi era a 1,40% lo scorso venerdì. Basso, ma non così tanto da impedirci di farci un pensierino. Anche perché, per la prima volta dopo numerosi anni, nel secondo trimestre del 2022 la BNS ha venduto valuta straniera per l’importo di 5 milioni di franchi. Quisquiglie, se si pensa che le sue riserve valutarie al 30 giugno scorso ammontavano a 911 miliardi.

Ad ogni modo, la svolta c’è stata. Sin dal gennaio 2015, quando abbandonò il cambio minimo di 1,20 contro l’euro, l’istituto aveva acquistato dollari, euro e yen principalmente per 353 miliardi di franchi. L’intento era di impedire un eccessivo rafforzamento del cambio. Adesso, sembra che l’istituto veda di buon occhio il “super” franco, perché esso mantiene il paese alpino al riparo dall’inflazione importata. Chissà che i 5 milioni di vendite siano stati un segnale inviato ai mercati per comunicare la tolleranza verso un franco ancora più forte.

Bond svizzeri appetibili con crisi energetica

Stando così le cose, i bond svizzeri si rivelano un po’ più interessanti di quanto possano far intendere i soli rendimenti. Escludendo come scenario di base che da qui ai prossimi dodici mesi il franco si apprezzi contro l’euro della stessa entità dell’ultimo anno, resta probabile un suo ulteriore rafforzamento con il perdurare della crisi energetica. Difficile immaginare un recupero stabile dell’euro con il PIL che indietreggia e una BCE incapace di reagire adeguatamente all’inflazione con rialzi dei tassi sufficienti.

Del resto, i bond svizzeri a 10 anni offrono rendimenti reali più alti che altrove: -2,3% contro -8,7% in Germania e -4,4% in Italia, tanto per citare due esempi dell’Eurozona. E’ naturale che i capitali affluiscano in Svizzera, con la novità che le sue autorità non li vedano più di cattivo occhio alla luce della necessità di contrastare l’inflazione. Questi flussi sostengono i prezzi dei bond e lo stesso tasso di cambio.

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