Ieri, è stata una seduta negativa per i titoli di stato italiani, gravati non tanto dal risultato delle elezioni politiche in sé, quanto del tendenziale aumento dei rendimenti sovrani in tutta l’Eurozona. Il Bund a 10 anni, ad esempio, ha superato il 2,10%. In questo quadro depresso per i nostri bond, spicca il BTp green 2045 e cedola 1,50% (ISIN: IT0005438004). Nelle scorse ore, ha aggiornato i minimi storici, scendendo a una quotazione inferiore a 61 centesimi. Quest’anno, perde la bellezza del 35%. Era entrato nel 2022, infatti, a quasi 94 centesimi.

Sempre ieri, a questo prezzo offriva un rendimento lordo del 4,20%.

In pratica, chi acquistasse oggi il BTp green 2045, porterebbe a casa ogni anno fino alla scadenza, cioè per i prossimi 22 anni e mezzo, il 4,20%. Poco meno del 95%. Certo, c’è da dire che gran parte di tale rendimento deriva dal fattore prezzo, cioè dal fatto che il bond sarà rimborsato a 100, mentre lo compreresti oggi a quasi 61. Questo significa, però, che oltre il 40% del guadagno arriverebbe solamente tra oltre due decenni. Nel frattempo, bisognerebbe accontentarsi delle cedole, le quali comunque ci farebbero incassare redditi per quasi il 2,50% della somma investita ogni anno.

BTp green 2045 versus 2035

Il BTp green 2045 fu emesso per la prima volta un anno e mezzo fa. Vi fu la riapertura del bond nell’autunno successivo. In totale, ne circolano per 13,5 miliardi di euro. Poche settimane fa, invece, è stata la volta di un secondo BTp green, stavolta con scadenza aprile 2035. Pur avendo una durata di 10 anni più corta, ieri il bond con cedola 4% offriva un rendimento superiore all’altro titolo “verde”.

E bisogna ammettere che il BTp green 2035 si presenta più allettante, considerato che non solo stacca una cedola quasi tripla dell’altro bond, ma che quota persino sotto la pari. La cedola effettiva annua lorda si attesta così al 4,17%, alla pari con il rendimento complessivo del BTp green 2045.

L’apparente paradosso – in genere, le scadenze più lunghe si mostrano più remunerative – si spiega con il fatto che l’incidenza dell’alta inflazione è percepita più alta per il medio-breve periodo, mentre per il medio-lungo dovrebbe venire meno.

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