I titoli di stato italiano tornano sotto attacco da parte della speculazione finanziaria. A dire il vero, un po’ tutti i bond nell’Eurozona se la stanno passando male, ma gli spread certificano che l’Italia stia messa la peggio di tutte, fatta eccezione per la solita Grecia. Per i contribuenti saranno dolori, dato che aumentano i costi di emissione del debito pubblico e, quindi, dovranno sostenere una futura spesa per interessi maggiore. Per gli obbligazionisti l’opportunità di entrare sul mercato a prezzi bassi e rendimenti elevati.

Ne dà l’esempio il BTp 2037. Si tratta di una scadenza lunga, cioè di 15 anni, ma non eccessiva. Per quanto le famiglie tipicamente preferiscano concentrarsi sul tratto medio-breve della curva, investire i propri risparmi per un quindicennio non appare un’ipotesi da scartare. Si può sempre disinvestire prima, ma chiaramente esponendosi al rischio di volatilità dei prezzi.

Due BTp 2037 sul mercato

In realtà, parlando di BTp 2037 dobbiamo darvi conto di due titoli diversi. Esiste un bond con scadenza 1 febbraio e cedola 4% (ISIN: IT0003934657) e un altro che sarà rimborsato l’1 marzo con cedola 0,95% (ISIN: IT0005433195). Appena un mese di distanza, ma con caratteristiche molto differenti come si evince dalle cedole. Ciò dipende dal fatto che il primo fu emesso nel lontano 2005, quando i tassi di mercato erano decisamente superiori a quelli degli ultimi anni. Invece, il secondo debuttò sul mercato agli inizi del 2021, in una delle fasi in cui i rendimenti sovrani erano ai minimi storici.

Il forte divario tra le cedole provoca ripercussioni sui prezzi. Il BTp 2037 con cedola 4% quotava ieri sopra la pari, per l’esattezza a 102,66. A tale prezzo, il rendimento effettivo offerto dal tasso d’interesse risultava del 3,90% lordo. Il bond con cedola 0,95%, invece, quotava sotto 69 centesimi. Il suo tasso effettivo annuo era, pertanto, dell’1,38% lordo. In pratica, poco più di un terzo rispetto al primo.

E ciò, tuttavia, a parità sostanziale di rendimento alla scadenza, per entrambi i titoli tra 3,70% e 3,80%.

Differenza tra cedola e rendimento

In effetti, nel caso del BTp 2037 al 4% è la cedola a incidere per la totalità del rendimento. Anzi, essa lo sovrasta, dato che alla scadenza l’obbligazionista accuserà una piccola minusvalenza, che andrà a detrimento proprio del rendimento complessivo. Per il bond allo 0,95%, la cedola incide solo in minima parte sul rendimento; esso sarà dato perlopiù dalla plusvalenza che l’obbligazionista realizzerebbe alla scadenza, quando lo stato gli rimborserà il capitale a prezzi molto superiori a quelli dell’avvenuto investimento.

Il caso dei due BTp 2037 ci fa riflettere ancora una volta sull’importanza di considerare non solo e tanto il rendimento in sé, bensì anche la cedola. A parità di rendimento, una bassa cedola garantisce all’obbligazionista un flusso di reddito periodico finanche insufficiente, come nel caso in esame, a tutelare il potere di acquisto del capitale. Una cedola alta anticipa il momento in cui l’obbligazionista incasserà grosso modo il suo rendimento e risulta da preferire per quelle famiglie che intendano tenere il titolo in portafoglio fino alla fine.

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