Il Libano ha ottemperato a una scadenza nella giornata di ieri, pagando gli 1,5 miliardi di dollari relativi al bond 5,45% (ISIN: XS0707819727) ed emesso nel 2011. L’annuncio della banca centrale ha risollevato gli animi tra i creditori esteri, molti dei quali sono preoccupati seriamente del rischio default impennatosi nelle ultime settimane con le tensioni di piazza sfociate in crisi politica. La prossima scadenza è a marzo 2020 con il bond 6,3750% (ISIN: XS0493540297), il cui valore nominale è pari a 1,2 miliardi di dollari.

I prezzi delle obbligazioni internazionali risultano crollati a livelli infimi e solo in lieve risalita dai minimi toccati nei giorni scorsi.

Il bond di marzo vale appena 78 centesimi di dollaro e offre un rendimento di oltre il 92%. Il quinquennale marzo 2024 e cedola 7% (ISIN: XS0471737444) è sceso a 57 centesimi e rende il 23,35%. Il mercato sta scontando una qualche forma di ristrutturazione del debito da 86 miliardi di dollari, pari al 150% del pil. Nel caso ciò si verificasse, sarebbero dolori sia per Beirut che per gli stessi creditori.

Il default del Libano si avvicina tra le smentite, il mercato lo prezza già

Bond Libano senza CACs, rischio default

Secondo il report del marzo scorso del Fondo Monetario Internazionale, il Libano ha emesso negli ultimi 5 anni ben 15 miliardi di dollari in bond privi di Clausole di Azione Collettiva (CACs), quelle che regolano i casi di ristrutturazione, prevedendo le maggioranze qualificate necessarie per trovare un accordo tra le due parti. In assenza di queste CACs, per lo stato dei cedri diverrebbe più complicato giungere a una qualche forma di rinegoziazione dell’alto debito, in quanto dovrebbe trovare l’accordo dei creditori serie per serie. Lungi dall’essere una garanzia per gli obbligazionisti, ciò implica il rischio a loro carico di subire gli effetti devastanti di un’eventuale crisi finanziaria e/o fiscale.

In altre parole, il Libano si trasformerebbe in una Argentina nel Medio Oriente, con cause legali lunghe e complicate con questo gruppo e quel gruppo di creditori.

La ristrutturazione, per quanto sia un evento creditizio avverso per chi possiede titoli del debito, scongiura il rischio di default, che consiste nella mancata ottemperanza delle scadenze e senza un accordo tra le parti per il futuro. I creditori istituzionali che si sono assicurati comprando i “credit default swaps” potranno far valere i loro diritti nei confronti di chi ha venduto loro tali “polizze”, tutti gli altri resteranno in balia degli eventi e magari si ritroveranno costretti ad accettare condizioni assai penalizzanti imposte dal governo libanese, avendo come unica alternativa praticabile di associarsi con altri creditori per tentare una “class action” dagli esiti imprevedibili e con tempi di attesa non certamente brevi.

Debito pubblico: ristrutturazione possibile con le CACs

Poiché i creditori non assicurati sono quelli individuali, su di loro ricadrebbe il peso di un eventuale e sempre più probabile default del Libano. L’assenza delle CACs non toccherà gli investitori come banche, fondi e assicurazioni, i quali hanno accesso ai cds, anzi per loro il default risulterà persino preferibile alla ristrutturazione, potendo pretendere dall’assicuratore il rimborso del 100% del valore nominale dei titoli acquistati. Tutti gli altri se la vedrebbero brutta.

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