L’Italia ha un gigantesco debito pubblico. Non passa giorno che i giornali non ce lo ricordino. L’anno scorso è sceso al 150,8% del PIL, ma è rimasto altissimo e lo rimarrà quasi certamente anche nei prossimi anni. La stragrande maggioranza di esso è stata contratta attraverso emissioni di titoli di stato. Per la quasi totalità essi risultano denominati in euro, ma esistono alcuni BTp in dollari, tra cui la scadenza attualmente poco più che decennale nel giugno 2033 (ISIN: US465410BG26). L’ammontare emesso è stato di 2 miliardi di dollari.

In questo articolo, cerchiamo di capire come si sarebbe evoluto il nostro capitale virtuale investito a metà giugno, cioè poche ore prima del board di emergenza della BCE contro lo spread.

Il lotto minimo è di 1.000 dollari. Noi stiamo immaginando di avervi investito 10.000 dollari. Poiché il cambio euro-dollaro di un mese e mezzo fa era di 1,04 e la quotazione si attestava a 102,40, avremmo speso 9.846,15 euro. Immaginiamo di avere disinvestito nella giornata di ieri, quando la quotazione era salita di poco a 102,95 e il cambio euro-dollaro era sceso a 1,0133. Avremmo intascato 10.159,87 euro. Non è tutto. In questo quasi mese e mezzo, avremmo maturato il diritto al rateo della cedola. Quella annuale è del 5,375%, per cui il tasso d’interesse sarebbe stato dello 0,63%. Sui 10.000 dollari di capitale, parliamo di 63 dollari. Convertiti nella moneta unica, altri 62 euro e rotti.

BTp in dollari, spread a 10 anni stabile con rialzo dei rendimenti

In totale, avremmo investito 9,846,15 euro e avremmo incassato in tutto 10.222,04 euro. Il nostro rendimento lordo sarebbe stato pari a circa 376 euro, il 3,8% del capitale investito. Considerato che sarebbe passato appena un mese e mezzo, sarebbe stato un buon investimento. Ma nello stesso periodo, il BTp 2033 in euro con cedola 2,45% avrebbe offerto un rendimento lordo prossimo al 7%.

In termini di rendimento alla scadenza, il BTp in dollari offriva ieri il 5% contro il 3,32% dell’omologo in euro.

Lo spread inferiore a 170 punti base è molto simile a quello vigente nell’agosto scorso, quando i prezzi dei due bond avevano raggiunto livelli record. Un segnale relativamente rassicurante. Vorrebbe dire che il rialzo dei rendimenti non avrebbe accresciuto i timori del mercato circa un aumento del rischio di ridenominazione per i nostri titoli di stato. Esso colpirebbe i bond in euro, mentre le emissioni in dollari sarebbero risparmiate da un eventuale conversione in lire nel caso di una Italexit.

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