Resta confinato da settimane nel range 220-240 punti base lo spread a 10 anni tra BTp e Bund. Nelle sedute precedenti il Ferragosto, aveva puntato verso i 200 punti. Ed eravamo già in piena campagna elettorale, segno che a muovere i rendimenti sovrani non sono solo le elezioni politiche del 25 settembre, quanto soprattutto fattori macroeconomici. La necessità di reagire all’alta inflazione con una stretta monetaria è uno di questi. Ieri, a seguito del rialzo dei tassi BCE dello 0,75%, il differenziale tra i rendimenti italiani e tedeschi ha reagito contraendosi di poco.

E’ stato, comunque, un segnale positivo. Probabile che abbia risentito delle aspettative ancora più restrittive della vigilia. Il mercato, ad esempio, temeva l’annuncio della cessazione dei reinvestimenti con il “quantitative easing”.

Fattore Meloni

Ad ogni modo, da qui alle elezioni sembra improbabile che lo spread scenda. Al contrario, la volatilità la farà forse da padrona. E dopo? Tutti i sondaggi indicano che a vincere sarà il centro-destra, non graditissimo ai mercati finanziari per via delle componenti euro-scettiche presenti particolarmente nella Lega e, in misura minore, in Fratelli d’Italia. Tuttavia, gli investitori non appaiono intimoriti più di tanto da Giorgia Meloni, probabile premier dopo Mario Draghi.

La leader della destra italiana ha cercato nelle ultime settimane di rassicurarli sulla gestione oculata dei conti pubblici, tra l’altro ostentando in questi giorni la sua contrarietà allo scostamento di bilancio contro il caro bollette. I ministeri chiave come Economia, Sviluppo, Esteri e Interno andrebbero a personalità tecniche o comunque gradite ai mercati. Il fattore politico potrebbe rivelarsi meno negativo del previsto per lo spread dopo le elezioni. Semmai peseranno di più l’andamento dell’inflazione e, in particolare, la crisi energetica.

Su spread pesa crisi energetica

L’inverno si preannuncia duro, tra razionamenti dei consumi di energia e recessione economica in vista.

La BCE dovrà continuare ad alzare i tassi, di certo non favorendo così consumi e investimenti. Chiunque vincerà le elezioni tra un paio di settimane, poco potrà incidere su queste tendenze sovranazionali. Sarà importante, però, che il prossimo governo si mostri coeso, chiaro sugli obiettivi da raggiungere e prudente sulla politica fiscale.

Dire che il peggio sia alle spalle sarebbe prematuro e rischierebbe di essere smentito dopo qualche ora o giorno al massimo. Ma il risultato elettorale in sé non dovrebbe peggiorare la tendenza di fondo. Lo spread lo deciderà, ahi noi, più Vladimir Putin con i rubinetti del gas che il successore di Draghi a Palazzo Chigi. La chiave di volta sarà tutta nella capacità dell’Europa di superare la crisi energetica in fretta.

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