Tutto come nelle previsioni alla riunione di ieri del board BCE. L’istituto ha lasciato invariati i tassi e l’apparato degli stimoli monetari. Ha confermato l’attuale ritmo di acquisti di bond con il PEPP, impegnandosi a tenerlo inalterato “per il prossimo trimestre”. Insomma, fino alla fine dell’estate non ci saranno scossoni di politica monetaria. E’ tornata l’ora di comprare BTp o è arrivato il momento definitivo di vendere?

Ieri, il mercato sovrano italiano è parso in altalena tra l’ora di pubblicazione del comunicato finale (13.45) e la conferenza stampa del governatore Christine Lagarde (inizio: 14.30).

Lo spread BTp-Bund a 10 anni è prima esploso a 112,50 punti base e successivamente è sceso sotto i 107 punti. Ma era arrivato a toccare un minimo in area 103. Il rendimento decennale del BTp è prima salito fino allo 0,84% e subito dopo sceso allo 0,81%. Rispetto alla seduta precedente, grosse variazioni non ce ne sono state.

L’altalena è dovuta a un paio di fattori. Il primo è il dato sull’inflazione americana a maggio, salito ai massimi dell’agosto 2008, cioè al 5% e sopra le attese del 4,7%. Il secondo riguarda l’ambiguità delle informazioni arrivate da Francoforte. Da un lato, acquisti di bond invariati con il PEPP, così come i tassi, dall’altro miglioramento delle previsioni macro per l’Eurozona. Il PIL quest’anno dovrebbe crescere del 4,7%, anziché del 4,2% atteso a marzo. E l’inflazione salirebbe all’1,9% contro il precedente 1,5%.

Comprare BTp tra reflazione, ripresa e BCE?

Il combinato tra accomodamento monetario invariato e stime macro più forti non è di facile interpretazione. Comprare BTp sarebbe la risposta logica a un ambiente macro migliorato per l’Italia, unitamente ad acquisti di bond elevati anche nei prossimi mesi. D’altra parte, la percezione del rischio sovrano italiano tende a peggiorare proprio con la graduale normalizzazione monetaria, a sua volta conseguenza sin dai prossimi mesi del ritorno alla normalità dell’economia nell’area.

Per contro, avremmo più di un motivo per vendere Bund, i titoli di stato tedeschi: il miglioramento delle prospettive economiche nell’area e il mantenimento degli acquisti di bond. Trattandosi di “safe asset”, tendono a performare meglio nei periodi di crisi.

Ma comprare BTp può risultare un azzardo, nel caso in cui sui mercati prevalesse la percezione del rischio sovrano, anziché l’ottimismo per il rimbalzo atteso del PIL. La stessa reflazione in corso, molto più vigorosa negli USA, spinge a pretendere rendimenti nominali più alti per tutti i bond. Semmai, possiamo immaginare che lo spread possa restringersi se saremo bravi nell’accentuare i fattori positivi derivanti dalla ripresa, rispetto agli effetti collaterali che questa comporta. Ma spread più basso non implica necessariamente BTp più forti, bensì solo relativamente meno deboli. Difficile, invece, che gli obbligazionisti si accontentino dei rendimenti italiani attuali o li accettino più bassi. Il massimo a cui possiamo credibilmente aspirare è di frenare i deflussi dei capitali, contenendo il rialzo dei rendimenti e le perdite.

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