E anche Cipro emette bond a lungo termine. Il Ministero delle Finanze ha annunciato il collocamento di due obbligazioni governative con scadenza a 5 (2024) e 30 anni (2049), entrambe in euro e gestite da Barclays, Deutsche Bank, Goldman Sachs, JP Morgan, Morgan Stanley e Société Générale. Alla metà della seduta odierna, gli ordini risultano già avere superato i 9 miliardi di euro ed equamente ripartiti tra le due scadenze, a fronte di un’offerta che dovrebbe attestarsi a 1,2 miliardi. I proventi di questo collocamento andranno a rimborsare anticipatamente un prestito contratto con la Russia nel 2011 per 2,5 miliardi e al tasso annuo del 4,5%, ma rinegoziato due anni più tardi a un tasso del 2,5% e con scadenza nel 2021, di cui 1,57 miliardi sarebbe la quota ancora dovuta a Mosca.

A Cipro passaporto facile per chi ha soldi, così Nicosia ha incassato 4 miliardi 

Alla notizia del successo per le due emissioni, i rendimenti sovrani hanno ripiegato nettamente, con il decennale ad essere sceso a meno dell’1,52% e il bond a 15 anni ad essere passato dal 2,28% al 2,18%. Il trentennale in corso di emissione sarà il più longevo nella storia cipriota. Di fatto, Nicosia sta seguendo l’esempio degli altri stati dell’Eurozona, i quali stanno allungando la durata residua media dei rispettivi debiti, salita a 7,4 anni, approfittando dei bassi tassi di questa fase. E, infatti, Cipro ha emesso il suo bond a 15 anni proprio un paio di mesi fa, nel tentativo piuttosto palese di consolidare il debito pubblico, superiore al 100% del pil.

Il successo dei bond di Cipro

L’isola ha un rating “investment grade” per due delle principali agenzie di valutazione internazionali, vale a dire per S&P e Fitch (“BBB-“), mentre Moody’s assegna al suo debito il giudizio di “Ba2”. Dopo la Grecia, che ha intavolato con il Fondo Monetario Internazionale trattative per rimborsare anticipatamente circa la metà dei 9,3 miliardi di esposizioni residue, anche Cipro sta cercando di mettersi definitivamente alle spalle la crisi finanziaria del decennio che sta per concludersi.

Nel 2012, fu salvata dalla Troika (UE, BCE e FMI) e le sue banche furono sottoposte al primo “bail-in” della storia, con perdite a carico finanche dei correntisti. Si parlò allora di “modello Cipro”, alla base della direttiva comunitaria che un anno più tardi estendeva gli stessi principi al resto dell’Eurozona.

L’Europa verso il modello Cipro

Il successo dell’operazione di queste ore appare ancora più eclatante, se si considera che 9 miliardi di ordini equivalgono grosso modo a circa il 45% del pil cipriota e al 42% del debito pubblico nazionale. Rispetto ad Atene, Nicosia riesce a rifinanziarsi sul tratto a lungo termine della curva a rendimenti più che dimezzati, un vantaggio che sfoggia persino nei confronti dell’Italia, costretta ad offrire circa 100-110 punti base in più per il suo decennale. Ad avere trainato la domanda sono stati diversi fattori: la caccia al rendimento nell’unione monetaria, con i bond “core” a offrire meno di zero ormai fino alle scadenze medio-lunghe; la prospettiva di tassi bassi ancora per un periodo non breve, in conseguenza di un’inflazione sotto il target e apparentemente non in accelerazione e di un indebolimento della congiuntura europea; la crescita sostenuta dell’economia cipriota, dove il pil ha segnato un rialzo medio di quasi il 4,5% nell’ultimo triennio; la capacità del governo di rifinanziarsi nuovamente sui mercati sin dal 2014, dopo un’assenza di un paio di anni. Un recupero veloce dalla crisi, che rende l’isola un esempio positivo simile al Portogallo e molto lontano dalla martoriata vicina Grecia.

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