La tensione sui titoli di stato italiani si è parzialmente placata, come segnala la discesa dello spread dai massimi toccati a metà giugno. Allora, raggiunse i 250 punti base. In pratica, un BTp a 10 anni arrivò ad offrire un rendimento del 2,50% più alto di quello di un Bund di pari durata. In queste ultimissime sedute, il differenziale si è ristretto in area 225 punti. Se consideriamo che nel frattempo sia caduto il governo Draghi e l’Italia è piombata in campagna elettorale, tutto sommato ci starebbe andando bene, specie in una fase di rialzo dei tassi.

Ma sembra che dietro a questo sgonfiamento dello spread vi sia la mano della stessa BCE.

PEPP usato contro lo spread

Il board del 21 luglio scorso varò il cosiddetto TPI, un nuovo scudo anti-spread fortemente condizionato e discrezionale. Abbiamo tutti commentato come tale strumento rischi di rivelarsi inutile per difendere i titoli di stato da un eventuale attacco speculativo. In quell’occasione, il governatore Christine Lagarde in conferenza stampa ci tenne a precisare che “la prima linea di difesa” per i bond dell’Eurozona sia data dai reinvestimenti realizzati con il PEPP.

Il PEPP è il piano anti-pandemico varato nel marzo 2020 e rimasto attivo fino al 31 marzo scorso. In tutto, 1.690 miliardi di euro di titoli acquistati in due anni senza le limitazioni fissate per il “quantitative easing”. In pratica, la BCE ha potuto deviare dal “capital key”, la regola che lega le quantità di bond acquistate alle dimensioni delle singole economie dell’Eurozona. Man mano che questi titoli in portafoglio scadono, l’istituto potrà impiegare la liquidità ottenuta per ridurre gli spread dei bond colpiti da vendite.

I dati del PEPP a giugno-luglio

I dati di giugno e luglio dimostrerebbero che ciò stia già avvenendo. Ecco gli acquisti netti realizzati con il PEPP per ciascun paese in milioni di euro:

  • Austria: 144
  • Belgio: 6
  • Cipro: 0
  • Germania: -14.279
  • Estonia: 0
  • Spagna: 5.914
  • Finlandia: 536
  • Francia: -1.213
  • Grecia: 1.089
  • Irlanda: 172
  • Italia: 9.762
  • Lituania: 19
  • Lussemburgo: 12
  • Lettonia: 0
  • Malta: -6
  • Olanda: -3.383
  • Portogallo: 514
  • Slovenia: 10
  • Slovacchia: 0
  • Totale: -705

Cresce la dipendenza dalla BCE

Complessivamente, in due mesi la BCE ha ridotto il suo portafoglio PEPP di 705 milioni di euro, ma nel frattempo ha accresciuto le esposizioni verso alcuni paesi, mentre le ha ridotte verso altri.

I principali beneficiari sono stati Italia (9,76 miliardi), Spagna (5,91 miliardi) e Grecia (1,09 miliardi). Viceversa, i principali sfavoriti sono risultate Germania (-14,28 miliardi), Olanda (-3,38 miliardi) e Francia (-1,21 miliardi).

Cos’è successo nel concreto? Per ridurre gli spread, la BCE ha comprato BTp, Bonos e titoli di stato della Grecia, mentre ha venduto Bund, bond olandesi e Oat francesi. Questo segnalerebbe come il riavvicinamento dei rendimenti sia artificiale, nel senso che non è dovuto ai meccanismi di mercato. Gli investitori privati vendono alla BCE, che acquista. Ancora più debito pubblico italiano e spagnolo vi è a Francoforte. La dipendenza del Sud Europa dai programmi monetari sta aumentando.

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