E’ boom per i rendimenti tedeschi. Dal 2 febbraio scorso, data del primo board dell’anno della Banca Centrale Europea (BCE), il Bund a 10 anni offre quasi lo 0,40% in più sul mercato secondario. Ieri, è salito in area 2,45%, dato massimo dell’anno. Per capire cosa stia accadendo ai titoli di stato della Germania, dobbiamo guardare ai T-bond, gli omologhi emessi dal governo degli Stati Uniti. Ieri, rendevano sopra il 3,75%. Nel giorno del board della Federal Reserve a inizio mese, stavano ancora al 3,40% contro il 2,30% del decennale tedesco.

In meno di due settimane, lo spread Treasury-Bund si è ampliato di una ventina di punti base.

Gli investitori si aspettano che la FED alzi i tassi in misura leggermente superiore alle previsioni passate dopo il dato sull’inflazione americana a gennaio. A loro volta, i tassi BCE stessi sono attesi raggiungere picchi più alti. I Bund stanno deprezzandosi per rincorrere i rendimenti più alti dei T-bond. L’aspetto meno spiegabile di questa vicenda risiede nella resilienza dei titoli di stato italiani. I rendimenti dei BTp a 10 anni sono anch’essi saliti, ma tenendo le distanze sostanzialmente invariate con i Bund. Lo spread BTp-Bund si attestava ieri a poco più di 180 punti base.

Rendimento reale Bund a zero

Per capire questo apparente paradosso, dobbiamo guardare ai CDS a 5 anni. Si tratta dei titoli che assicurano il debito pubblico italiano dal rischio sovrano. Ieri, costavano appena 90 punti base o 0,90%, ai minimi da oltre un anno. Il picco di recente era stato toccato nel luglio scorso, in coincidenza con il primo rialzo dei tassi BCE, a più di 167 punti. Gli investitori si mostrano sempre meno preoccupati dell’Italia. I primi mesi del governo Meloni si sono rivelati rassicuranti sotto il profilo fiscale. I conti pubblici stanno beneficiando di un trend per l’economia italiana migliore delle attese.

Tornando al Bund decennale, il suo rendimento reale sarebbe appena positivo.

E’ quanto emerge dal confronto tra il bond con cedola fissa e il Bundei 2033, indicizzato all’inflazione nell’Area Euro. Nel giorno della BCE, risultava negativo del -0,22%. Sembra, quindi, che gli obbligazionisti stiano pretendendo rendimenti tedeschi più alti non solo nominalmente, ma anche in termini reali. Evidentemente, essi temono che l’inflazione nell’area resti alta più a lungo delle previsioni passate e forse non temono più così tanto l’impatto della stretta sui titoli di stato semi-periferici, come segnalano spread e CDS. Per questo motivo starebbero aprendo i loro portafogli a questi bond più remunerativi, riducendo le esposizioni verso il Nord Europa.

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