Il Tesoro torna oggi ad emettere titoli di stato e lo farà con un’asta dedicata ai BTp€i, i bond con cedola legata all’inflazione europea. Si tratta della quarta tranche con scadenza 15 maggio 2030 e tasso reale garantito dello 0,4% (ISIN: IT0005387052). L’importo offerto sarà compreso tra un minimo di 500 milioni e un massimo di 1 miliardo di euro, con una possibile asta supplementare da 150 milioni. Questo bond garantisce dal rischio di perdita di potere di acquisto, in quanto la cedola risulta agganciata al tasso d’inflazione nell’Eurozona e rilevato dall’Eurostat per il semestre.

BTp€i e BTp Italia o titoli ordinari per fronteggiare la crisi post-Coronavirus?

Ieri, il titolo quotava sul mercato secondario a 87,75 centesimi, offrendo così un rendimento minimo reale alla scadenza dell’1,85% e che si confronta con il 2,07% del BTp di pari durata e con cedola fissa. Questo implica che gli investitori si attenderebbero un’inflazione media annua dello 0,22% per il prossimo decennio. Si tratta di un dato assai basso, che certamente risente della caduta dell’economia europea nella crisi con l’emergenza Coronavirus e che ha aggravato le prospettive di crescita del pil e dei prezzi per i prossimi anni.

A inizio 2020, il BTp€i rendeva ancora lo 0,60% e il decennale ordinario l’1,42%. Allora, quindi, il tasso d’inflazione scontato e implicito nei prezzi era dello 0,82%, quattro volte più alto. Dunque, in questi tre mesi e mezzo l’appetito per entrambi i titoli risulta sceso, ma specialmente per quello legato all’inflazione, come segnala il suo rendimento triplicato. In effetti, se si pensa che nei giorni scorsi il petrolio americano sia crollato a livelli profondamente negativi, dando vita a un fenomeno mai visto e inimmaginabile fino a poco prima, e che lo stesso Brent quoti ai minimi da venti anni e fin sotto i 20 dollari al barile, difficile immaginare che l’inflazione sia un grosso problema per il futuro che verrà.

Inflazione stimata troppo bassa?

Tuttavia, qui parliamo di 10 anni e prevedere che i prezzi nell’area mediamente crescano solamente di un quinto di punto percentuale come media sembra un azzardo. Vero è che probabilmente il mercato stia scontando una fase di leggera deflazione, seguita da un’accelerazione modesta dei prezzi, ma obiettivamente sembra un po’ poco. Ad esempio, il BTp€i maggio 2023 e cedola reale 0,45% (ISIN: IT0005253676) ieri rendeva l’1,31%, sui 17 centesimi in più del BTp di pari durata con cedola fissa, segno che le attese per il medio-breve termine siano negative, cioè che i prezzi decrescano.

Qualora l’inflazione dovesse anche solo leggermente superare le stime, puntando ad esempio verso l’1%, netto sarebbe il guadagno che l’obbligazionista in possesso dei BTp€i 2030 otterrebbe rispetto a chi detenesse solo BTp con cedole fisse. Con l’eventuale surriscaldamento dei tassi d’inflazione, la domanda di BTp€i crescerebbe e i prezzi pure, mentre il rendimento scenderebbe fino a segnalare un “breakeven” più ampio con i BTp ordinari di simile durata. Dunque, s’incasserebbero cedole reali più alte e/o si percepirebbe una plusvalenza con la rivendita del bond sul mercato secondario o il rimborso alla scadenza. Molto dipende dall’andamento atteso dell’economia nell’area, una volta finita l’emergenza. Chi si aspetta una ripresa a “V” sarebbe più propenso a investire in BTp€i, fiutando il rischio di una risalita più veloce anche dei prezzi, mentre chi sconta una ripresa lenta o una crisi prolungata tenderebbe a starne alla larga.

Ci sarà inflazione o deflazione dopo l’emergenza Coronavirus?

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