Oggi, il Tesoro ha raccolto altri 5,5 miliardi di euro attraverso l’emissione di BTp€i a 5 e 30 anni e “short term”. Ieri, aveva annunciato l’imminente emissione di BTp in dollari a 3 e 30 anni. Gli ordini si sono attestati a 12,1 miliardi. Nel dettaglio, nelle scorse ore sono stati incassati:

  • 3,75 miliardi con il BTp “short term” 22 novembre 2022 e zero coupon (ISIN: IT0005440679);
  • 1 miliardo con il BTp€i 15 maggio 2026 e cedola 0,65% (ISIN: IT0005415416);
  • 750 milioni con il BTp€i 15 maggio 2051 e cedola 0,15% (ISIN: IT0005436701).

In questo articolo, ci concentreremo particolarmente sui BTp€i 2026.

Dovete sapere che la scadenza quinquennale è la più monitorata sui mercati per valutare le aspettative d’inflazione nel medio periodo. Il suddetto bond è indicizzato all’inflazione nell’Eurozona. La differenza tra il rendimento del bond con cedola fissa e del suddetto ci segnalerebbe l’inflazione attesa dal mercato. A tale proposito, dobbiamo sapere che il BTp€i 2026 ha esitato all’asta di oggi un rendimento del -0,92%, che si confronta con il -0,17% del BTp ordinario di simile durata.

Dunque, lo spread dello 0,75% ci segnalerebbe che gli investitori non nutrano grosse aspettative d’inflazione per i prossimi 5 anni nell’Eurozona. Considerate che la BCE si pone come obiettivo a medio termine di far crescere i prezzi nell’area di poco inferiore al 2%. A conti fatti, oggi come oggi ci stiamo aspettando che tale obiettivo venga mancato per oltre la metà. A sua volta, queste previsioni “fredde” implicano una scarsa considerazione del tasso di crescita medio nei prossimi anni. E se teniamo conto che già a marzo l’inflazione si è portata all’1,3%, in un certo senso il mercato starebbe prevedendo un suo ripiegamento dopo la recente fiammata e una successiva risalita assai tenue.

Peraltro, neppure il BTp€i a 30 anni ci offre una prospettiva significativamente migliore. Il suo rendimento all’asta è stato dello 0,39%, cioè dell’1,47% in meno del BTp ordinario trentennale.

Secondo il mercato, neppure nel lunghissimo periodo la BCE centrerebbe il target. Che si tratti di sottovalutazione è molto probabile, ma sembra indubbio come essa sia frutto del pessimismo con cui i detentori dei capitali stanno guardando all’Eurozona di questi tempi. Al momento, ad esempio, negli USA ci si aspetta un’inflazione media a 5 anni di circa il 2,5%, mai così alta da prima della crisi finanziaria del 2008.

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