Venerdì 24 settembre, il Tesoro collocherà all’asta la quinta tranche del BTp ‘short term’ 30 gennaio 2024 e zero coupon (ISIN: IT0005454050) per un importo compreso tra 2 e 2,5 miliardi di euro. Durante la stessa seduta, emetterà anche la sedicesima tranche del BTp€i 15 maggio 2030 e cedola reale 0,40% (ISIN: IT0005387052) per un importo tra 750 milioni e 1 miliardo di euro.

I BTp ‘short term’ sono una novità dei mesi scorsi. Rimpiazzano i CTz, vale a dire i titoli di stato a due anni emessi dal Tesoro senza cedola.

A differenza di questi ultimi, hanno una certa flessibilità nella durata iniziale, la quale può variare da un minimo di 18 a un massimo di 30 mesi. Non sono titoli necessariamente senza cedola, anche se in questa fase di rendimenti negativi fino alle medio-brevi scadenze di fatto non offrono alcun tasso di interesse all’obbligazionista.

Sulla base dell’andamento del BTp ‘short term’ gennaio 2024 sul mercato secondario, possiamo dirvi che esiterà all’asta un rendimento negativo all’incirca dello 0,30%. Chi lo acquistasse, dunque, si ritroverebbe in portafoglio un bond che produce perdite certe alla scadenza.

BTp indicizzati all’inflazione dell’Eurozona

Quanto al BTp€i 2030, si tratta di un titolo indicizzato all’inflazione dell’Eurozona. Attualmente, sul secondario si acquista a quasi 112, cioè nettamente sopra la pari. Il suo rendimento lordo si aggira così al -0,85%. A questo dato bisogna aggiungere, tuttavia, il tasso d’inflazione del periodo. A conti fatti, il mercato starebbe scontando un’inflazione da qui al 2030 mediamente in area 1,35%. Nel caso in cui l’indice dei prezzi nell’area salisse a ritmi più veloci, l’obbligazionista si porterebbe a casa un rendimento extra. Viceversa, qualora l’inflazione dovesse risultare ancora più bassa delle previsioni.

I BTp€i rispondono alla necessità di mettere al sicuro il capitale dalla perdita del potere d’acquisto. Peraltro, poiché il bond è indicizzato all’inflazione europea, il possessore beneficerebbe anche dall’eventuale minore inflazione italiana.

In portafoglio avrebbe un asset più redditizio di quanto non sarà stata l’effettiva perdita del potere d’acquisto in patria. E questo continua ad essere ad oggi lo scenario scontato dagli investitori anche per il lungo periodo.

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