Sapete che c’è un titolo di stato italiano che vi offre una cedola del 5,50% e che possiede una durata residua di appena 2 anni? Parliamo del BTp settembre 2022 (ISIN: IT0004801541). Venne emesso nel 2012, all’apice delle tensioni finanziarie sull’Italia. Pertanto, allora risultò perfettamente coerente con la grave situazione in cui versava lo stato emettere un titolo decennale dal rendimento in area 5,50%. Tanto per capirci, erano i mesi in cui lo spread oscillava tra 400 e 500 punti base. Il peggio sarebbe arrivato a luglio di quell’anno, quando si rese necessario l’intervento provvidenziale dell’allora governatore BCE, Mario Draghi, con il celeberrimo “whatever it takes”.

 

Ma sapete qual era il rendimento di ieri per questo bond? Zero. In effetti, il titolo lo si acquistava a 111,50, per cui bisognava sborsare 1.115 euro per ogni 1.000 euro nominali di investimento. La minusvalenza accusata alla scadenza sarebbe, quindi, del 10,3%, pari al 4,93% annualizzato. E la cedola, rapportata al valore dell’investimento, vale anch’essa il 4,93% lordo. Comprare oggi questo bond implicherebbe accettare l’assenza di guadagno, a meno di improbabili apprezzamenti ulteriori, i quali farebbero scivolare il rendimento in area negativa.

 

Impossibile, ad esempio, anche solo ipotizzare che il prezzo attuale regga per i prossimi 6 mesi. Se così fosse, il rendimento crollerebbe al -1,55%, un livello che su una scadenza di appena 18 mesi non si è mai raggiunto in nessun altro stato fiscalmente ben più solido dell’Italia. Dunque, acquistare oggi il BTp settembre 2022 non avrebbe senso, perché tra commissioni bancarie e imposta di bollo dello 0,2% sul conto titoli finiremmo per rimetterci senza motivo.

 

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Cedola effettiva troppo bassa

 

E non fatevi illudere dall’imminente pagamento della cedola semestrale del 2,75%. Poiché lo stacco avverrà in data 1 settembre e per allora mancano solo 33 giorni, dovremmo riconoscere al venditore un rateo dell’82%, pari al tempo di maturazione del tasso per il semestre in corso.

Dunque, pagheremmo il 2,26%, oltre al prezzo per acquistare il bond. Di fatto, tra poco più di un mese incasseremmo una cedola del 2,75%, ma che al netto del rateo passivo sarebbe dello 0,49%. E chi ipotizzasse di rivendere subito dopo il titolo, nei fatti dovrebbe fare i conti con una quotazione quasi certamente più bassa, dato che la vita residua del BTp è troppo breve per sperare che essa regga nei mesi. Prezzi costanti a inizio settembre equivarrebbero a un rendimento del -0,22%, non impossibile da raggiungere, ma improbabile che si registri un simile trend positivo in pieno deterioramento macro e fiscale.

 

Il BTp a 2 anni ha toccato un minimo storico del -0,33% nel 2017 nel 2019, per cui il prezzo della scadenza settembre 2022 potrebbe persino mantenersi ai livelli attuali, ma secondo uno scenario a dir poco ottimistico. E, in ogni caso, il margine dell’operazione sarebbe fin troppo esiguo per giustificarne il rischio. Al netto dell’imposta, la cedola effettiva rapportata all’investimento scenderebbe al 2,16%, con un margine sul rateo passivo pagato di nemmeno lo 0,15%, da cui detrarre ancora commissioni e bollo. Quando si dice che la cedola inganni!

 

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