L’altro ieri, vi abbiamo parlato di tre titoli di stato italiani con maxi-cedole e oggi ve ne proponiamo un quarto, il BTp con scadenza novembre 2027 e tasso annuale fisso del 6,50% (ISIN: IT0001174611). Cos’ha di particolare questo bond? Tra qualche mese, diverrà il titolo di riferimento per valutare il costo medio del debito pubblico italiano, stando al mercato secondario, per la semplice ragione che la sua durata residua tenderà a coincidere con quella media ponderata dei titoli emessi dal Tesoro e negoziabili sul MoT.

Ieri, questo BTp offriva un rendimento dell’1,04%, un livello nettamente inferiore alla cedola.

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Questo è dovuto al fatto che la sua quotazione sul secondario si aggirava sopra 137, cioè bisogna spendere al momento 1.370 euro per acquistare un bond dal valore nominale di 1.000 euro. Quando arriverà a scadenza, quindi, accuseremmo una minusvalenza del 27% (37 su 137), pari a circa il 3,66% in meno annualizzato. Inoltre, la cedola del 6,50% ci renderebbe meno del 4,75%, una volta rapportata al valore dell’investimento effettivo (1.370 euro).

Dunque, ha senso puntare lo sguardo su questo titolo? La risposta è sì, purché qualcosa non vada storto. Nessuno ci obbliga a tenerlo fino alla scadenza, potendolo sempre rivendere prima per evitare di farcelo rimborsare alla pari e di subire, quindi, la forte minusvalenza. D’altra parte, man mano che ci avviciniamo alla data prevista per il rimborso, la quotazione tende ad abbassarsi fino ad arrivare a 100. Questo, però, è un processo graduale e da qui al novembre 2027 mancano 7 anni e oltre 4 mesi. Che ne direste di provare a tenere il titolo in portafoglio per un anno e sperare che i prezzi a cui potremmo rivenderlo reggano rispetto ai valori attuali?

Il fattore prezzo e liquidità

Se ciò accadesse, tra un anno vi sareste beccati due cedole semestrali per un tasso annuo complessivo del 6,50%, pari a 65 euro per ogni 1.000 euro di investimento nominale.

Alla quotazione di ieri, sarebbe pari a un rendimento del 4,74%. Enorme di questi tempi, se pensate che il rendimento più elevato lo offre il BTp 2067, il più longevo sin qui emesso dal Tesoro, ieri sostava sopra il 2,60%. Dove starebbe l’inganno? Dovremmo sperare che i prezzi reggano. A tale proposito, dovreste sapere che il BTp novembre 2027 quotava sopra 143 a febbraio, prima dell’emergenza Coronavirus. Potrebbe tornare a quei livelli? Ragioniamoci un attimo.

Se tra un anno il titolo prezzasse sui 143 centesimi, poiché avrebbe vita residua di 6 anni e quasi 4 mesi e mezzo, il suo rendimento equivarrebbe al -0,17%. Vi diciamo subito che mai il bond a 6 anni in Italia ha offerto così poco, anzi non è mai sceso a un rendimento sottozero. Tutto potrebbe accadere, ma dobbiamo tendere ad escluderlo per ragioni di prudenza e anche per realismo. A febbraio, invece, il rendimento del BTp a 6 anni si aggirava in area 0,45%. Ebbene, immaginando che il BTp 2027 tra un anno rimanesse a una quotazione di 137, il suo rendimento alla scadenza sarebbe dello 0,50%, coerente con uno scenario di recupero dei nostri bond ai livelli pre-Covid. Intendiamoci, sono elevate le probabilità di nuove tensioni finanziarie. Ad ogni modo, potremmo credibilmente immaginare che i prezzi, anche grazie alla BCE, rimangano ai livelli attuali, permettendoci di uscire dal mercato senza subire alcun costo e, anzi, avendo incassato laute cedole.

C’è un problema: questo titolo si mostra poco liquido. A fronte dei 26,8 miliardi sinora emessi, ne risultano scambiati per appena 64 milioni di euro da fine marzo a ieri e per contratti medi di 59.000 euro ciascuno. Parliamo dello 0,24% in oltre due mesi e mezzo, troppo poco per definirlo mercato. Questo potrebbe diventare un problema, allorquando non dovessimo trovare prontamente acquirenti disposti a comprarlo alle quotazioni richieste.

Il più grande pericolo sul mercato obbligazionario adesso si chiama liquidità

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