Si è chiuso con un discreto successo insperato fino a qualche ora prima della chiusura del collocamento. Il BTp Italia 2028 (ISIN: IT0005517187 e IT0005517195) ha raccolto ordini per complessivi 11,99 miliardi di euro, superiori ai 9,44 miliardi del collocamento di giugno. Le famiglie vi hanno partecipato con circa 256.000 contratti per 7,28 miliardi (dai 7,26 miliardi di giugno) e gli investitori istituzionali per i restanti 4,71 miliardi (da 3,18 miliardi). Il bond a 6 anni è indicizzato all’inflazione italiana, secondo l’indice FOI ex tabacchi dell’ISTAT. Una copertura contro la possibile perdita del potere di acquisto futura per i propri risparmi.

Ma vi siete chiesti cosa accadrebbe in uno scenario di deflazione?

In quest’ultimo anno la principale preoccupazione nel mondo è l’inflazione. Ma negli anni passati non era stato così. Anzi, a più riprese abbiamo temuto la deflazione, da ultimo in piena pandemia. Essa consiste nella discesa dei prezzi al consumo, per cui una certa somma di denaro acquisisce potere di acquisto, anziché perderlo.

Cerchiamo di capire come funzionerebbe il BTp Italia 2028 nel caso di deflazione. Come saprete, il bond offre ogni sei mesi la rivalutazione di cedola e capitale in base all’andamento dell’indice FOI. Se nel semestre considerato l’indice sale, la differenza percentuale sarà accreditata sul conto dell’obbligazionista. E se scende? Non spetta chiaramente alcuna rivalutazione. Tuttavia, il Tesoro chiarisce esplicitamente che la cedola minima dello 0,80% semestrale (1,60% annuale) resta garantita. Il capitale stesso non si rivaluta, ma non scende sotto 100 ai fini dei calcoli, cioè resta al suo valore nominale.

BTp Italia in caso di deflazione

Attenzione, perché se i prezzi al consumo tornano a salire dopo essere diminuiti su base semestrale, la rivalutazione non sarà automatica. Ecco un esempio: l’indice FOI iniziale per il BTp Italia 2028 è di 113,41. Supponiamo che al termine del primo semestre a maggio 2023 l’indice scenda a 112.

All’obbligazionista non spetterà alcuna rivalutazione. Se nel semestre successivo, che si conclude a novembre 2023, l’indice sarà risalito a 112,80, la rivalutazione rimarrà sospesa. In altre parole, l’indice dovrà tornare sopra l’ultimo valore registrato prima della deflazione.

E’ bene prestare attenzione a questi dettagli tecnici per non rimanere delusi. E c’è di più: se volessimo rivendere il BTp Italia, con ogni probabilità il suo prezzo di mercato scenderà nei periodi di deflazione. E’ evidente perché: in pochi vorranno inserire in portafoglio un asset che li protegge da un rischio che al momento non esiste. Sarebbe come pensare di fare affari vendendo ghiaccio in Groenlandia. Viceversa, i prezzi dei titoli di stato con cedola fissa tendono a salire nei periodi di deflazione. Le loro cedole, infatti, diventano più ricche in termini reali.

Dunque, investire in BTp Italia può trasformarsi in un’arma a doppio taglio: va bene se si teme l’inflazione, ma presenta effetti collaterali nello scenario opposto. Oltre a possibili perdite in conto capitale nel caso di disinvestimento, c’è anche il costo-opportunità derivante dal mancato guadagno relativo ai bond con cedola fissa. In generale, però, va riconosciuto che il rischio d’inflazione sia di gran lunga superiore a quello di deflazione. Quest’ultima può presentarsi in maniera del tutto episodica. Le banche centrali hanno dimostrato ampiamente di tollerarla molto meno di un’inflazione eccessiva.

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