Nella primavera scorsa, il Tesoro ha collocato sul mercato un nuovo BTp in dollari a 30 anni per il controvalore di 1,5 miliardi e con scadenza 6 maggio 2051 con cedola 3,875% (ISIN: US465410CC03). Nel suo primo giorno di negoziazioni sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana – siamo al 4 maggio – il bond quotava poco sopra la pari e offriva un rendimento lordo del 3,85%. Oggi, lo stesso quota sotto 107 e viaggia a un rendimento sopra il 3,40%.

Da questi primi dati, possiamo affermare quanto segue: il BTp in dollari a 30 anni ha guadagnato sopra il 6% in pochi mesi, ma arrivando a segnare +15% agli inizi di agosto, cioè in appena tre mesi.

Da allora, infatti, le quotazioni sono precipitate per via del trend generale che ha travolto il comparto obbligazionario.

BTp in dollari e il gioco degli spread

Secondo spunto di riflessione: lo spread tra il BTp in dollari a 30 anni con il Treasury di pari durata si attesta oggi a 138 punti base o 1,38%. Il bond americano offre, infatti, il 2,04% in queste ore. A inizio maggio, il differenziale risultava di 162 punti, per cui in questo lasso di tempo si è ristretto di circa un quarto di punto percentuale. Che cosa vuole segnalare questa variazione? Il rischio di credito percepito sui mercati internazionali per l’Italia è diminuito, con ogni probabilità grazie ai buoni dati sull’economia dopo il Covid. La crescita del PIL attesa per quest’anno viaggia al 6%, mentre il deficit stimato scenderebbe sotto il 10% e il rapporto tra debito e PIL, anziché continuare a salire, dovrebbe iniziare ad arretrare.

Nel frattempo, è diminuito anche lo spread tra BTp in dollari e BTp in euro a 30 anni. Di poco, passando da 196 a 191 punti. Questo dato segnalerebbe il maggiore appeal del bond in valuta americana, conseguenza del fatto che il mercato sconti un dollaro meno debole per i prossimi anni di quanto non fosse fino a pochi mesi fa.

Infine, il confronto tra lo spread con il Treasury e lo spread con il Bund a 30 anni. Come detto, il primo è sceso di 24 punti. Il secondo si è contratto di appena 5 punti. Pertanto, l’Italia si è avvicinata agli USA con il BTp in dollari più di quanto non abbia fatto verso la Germania con il BTp in euro. Anche questo sarebbe un segnale di per sé? Poiché i titoli di stato denominati in valute estere si ritiene che non possano essere soggetti ad eventuali ridenominazioni valutarie (lira?), il maggiore restringimento dei loro spread sarebbe un indizio che un certo rischio sovrano per le emissioni in euro persisterebbe. Ma per quanto detto sopra, probabile che nel periodo considerato abbia prevalso perlopiù l’appeal del BTp in dollari per via del rafforzamento del biglietto verde.

[email protected]