Tra pochi giorni, per l’esattezza in data 19 giugno, il Tesoro renderà nota la durata del BTp Futura, che sappiamo già sarà compresa tra un minimo di 8 e un massimo di 10 anni, smentendo le attese della vigilia, che erano per un’emissione molto più longeva. Invece, solamente il prossimo 3 luglio sapremo l’entità delle cedole, che potrà essere solamente aumentata al termine del collocamento. La grande novità riguarda proprio l’andamento crescente dei tassi d’interesse offerti, secondo una struttura nota in gergo come “step-up”.

Supponendo che il bond sia di 8 anni, potremmo e che il rendimento complessivo non possa discostarsi granché dall’1,30% offerto dal titolo con cedola fissa, potremmo immaginare che per i primi due anni la cedola sia dell’1%, salendo all’1,25% per il terzo e quarto anno, all’1,40% per il quinto e sesto e all’1,55% per l’ultimo biennio.

BTp Futura conveniente per i risparmiatori o il nuovo bond delude le attese?

Un modo abbastanza simile di staccare le cedole li hanno i Buoni fruttiferi postali, anch’essi massimamente sicuri, in quanto emessi dalla Cassa depositi e prestiti, controllata dal Tesoro, e distribuiti attraverso le filiali di Poste Italiane. Prendiamo come riferimento i Bfp 3 x 4. Essi hanno durata di 12 anni e riconoscono al sottoscrittore lo 0,35% annuo per i primi 36 mesi, lo 0,50% per i successivi 36 mesi, l’1% per i successivi 36 e, infine, l’1,50% per gli ultimi 36 mesi. In apparenza, il funzionamento ricalcherebbe quello del BTp Futura. Tuttavia, esiste una notevole differenza tra i due titoli.

I Buoni fruttiferi postali riconoscono al risparmiatore gli interessi maturati fino all’ultimo triennio concluso, nel caso di disinvestimento anticipato. Ad esempio, se chiedo la riscossione del titolo dopo 7 anni, mi verranno riconosciuti gli interessi fino al sesto anno, mentre perderò solo quelli relativi all’ultimo anno, vale a dire tra la fine del secondo triennio e la data di riscossione.

Questo con i BTp Futura non accadrà, perché l’obbligazionista potrà ottenere il pagamento delle cedole solamente alle date prestabilite. Va da sé che se rivendo il bond in anticipo di due mesi rispetto al pagamento della prossima cedola, potrò incassare dall’acquirente il rateo relativo ai quattro mesi di maturazione (cedole semestrali) e perderò chiaramente la quota che si riferisce agli ultimi due mesi fino alla scadenza.

Capitale e fisco

Differenze anche per il capitale. I Buoni fruttiferi postali riconoscono sempre al sottoscrittore il pagamento integrale, oltre agli interessi maturati come descritto sopra, mentre nel caso dei BTp Futura – lo stesso vale per qualsiasi titolo di stato – se disinvesto prima della scadenza, non essendo il Tesoro emittente a riacquistarli, bensì un privato sul mercato secondario, mi espongo a un rischio di quotazione. Se questa risultasse sopra la pari (>100), incasserei un prezzo superiore al capitale nominale investito, realizzando una plusvalenza. Se, viceversa, risultasse sotto la pari (<100), riscuoterei una somma inferiore al capitale, registrando una perdita o minusvalenza.

Per il resto, un tratto distintivo che accomuna i due titoli riguarda la tassazione: i proventi di entrambi sono sottoposti ad aliquota del 12,50%, che si confronta con il 26% imposto sui proventi di tutti gli altri bond. Una fiscalità di favore, che rende i BTp, così come i Bfp, più convenienti, a parità di rendimento lordo offerto, chiaramente senza volerci addentrarci nel discorso sul rischio di credito.

Buoni fruttiferi postali 170° CDP – Premium e Fedeltà, confronto con BTp

[email protected]