Anche ieri il BTp Futura (ISIN: IT0005415283) ha raccolto ordini soddisfacenti. Al termine della seconda giornata di collocamento, le prenotazioni dei risparmiatori hanno ammontato a un totale di 4,05 miliardi. Siamo ben sotto i livelli visti di recenti con il BTp Italia maggio 2025, ma non possiamo parlare di flop. Intanto, continua a far discutere il nuovo bond del Tesoro riservato al retail. Il rendimento offerto in fase di emissione è dell’1,2850%, poco sopra il rendimento del BTp a 10 anni con cedola fissa.

Il premio fedeltà aggiungerà tra un minimo dell’1% e un massimo del 3% alla scadenza, in base alla crescita del pil nominale tra quest’anno e il 2029.

Ipotizzando realisticamente un premio dell’1%, che spalmato sui 10 anni equivale a un rendimento extra postumo dello 0,10% all’anno, il BTp Futura offrirebbe l’1,3850% lordo, che al netto della tassazione scenderebbe all’1,21%. Non abbiamo finito con i costi, perché per investire nei titoli di stato, così come in altri strumenti finanziari, bisogna aprire un conto titoli, la cui imposta di bollo ogni anno vale lo 0,20% del valore di mercato dei titoli in portafoglio alla fine di ogni trimestre.

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Commissione bancarie, cosa succede?

In altre parole, il rendimento netto effettivo del BTp Futura supera a malapena l’1%. E le commissioni bancarie? Sappiamo che per ordinare questi titoli di stato è necessario passare per il canale bancario o per Poste Italiane, o recandovisi in filiale o usufruendo delle funzionalità di trading legate al conto bancario online. C’è una buona notizia: chi acquista questi bond in fase di collocamento non pagherà alcuna commissione bancaria, mentre chi lo farà successivamente sì.

Attenzione, perché questo non significa che le banche lavoreranno gratis in questi giorni. Esse percepiranno lo 0,75% del capitale sottoscritto dai propri clienti, solo che a pagare sarà il Tesoro.

Dunque, per ogni 1 miliardo di sottoscrizioni verranno sborsati 7,5 milioni di euro. Su 10 miliardi, sarebbero 75 milioni. Soldi pubblici, che graveranno sui contribuenti, ma non sui risparmiatori che avranno acquistato le obbligazioni di stato. Trascorsi questi giorni, però, le commissioni graverebbero sugli acquirenti, per cui il rendimento annuo netto effettivo si ridurrebbero ulteriormente, scendendo sotto l’1%. Una miseria per un investimento a 10 anni, considerato che il debito sovrano italiano sia classificato agli ultimi ultimi gradini della scala “investment grade” dalle agenzie di rating.

Il taglio del rating alimenterebbe le vendite dei BTp da parte, soprattutto, degli investitori stranieri, infliggendo perdite potenziali ai titolari nel caso in cui volessero o dovessero rivendere prima della scadenza. E quando vi diciamo che il rendimento iniziale di questi bond sia dell’1,2850%, ci riferiamo alla sua media annua nell’arco del decennio, visto che, pur venendo emessi alla pari (100/100), le cedole crescono nei 10 anni, partendo dall’1,15% e salendo fino all’1,45%. Dunque, se anche riusciste a rivendere a 100 tra 2 anni, il vostro rendimento lordo sarebbe dell’1,15% e quello netto scenderebbe all’1%, che detratti i costi dell’imposta di bollo si sgonfierebbe ancora a poco più dello 0,80%. E chi acquistasse dopo il collocamento dovrebbe mettere in conto anche il costo delle commissioni bancarie, che deprimerebbe ulteriormente il già magro rendimento.

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