Archiviata l’emissione del BTp Italia, torniamo a concentrarci sui titoli di stato ordinari, vale a dire con cedole fisse. Negli ultimi anni, proprio l’entità delle cedole è diminuita per via del calo costante dei rendimenti. Ma esistono ancora diversi bond con tassi elevati sul mercato secondario. Furono emessi in un’altra era da un punto di vista dei mercati finanziari. Pensate al BTp a 5 anni, scadenza 1 novembre 2027 e cedola 6,50% (ISIN: IT0001174611). Il Tesoro lo battezzò a fine 1997, cioè quasi 25 anni fa.

C’era ancora la lira e, a dirla tutta, non si sapeva ancora ufficialmente neppure se l’Italia sarebbe entrata nell’euro.

Questo BTp a 5 anni esibiva nel corso della seduta di venerdì una quotazione in area 120, cioè nettamente sopra la pari. In effetti, data l’altissima cedola è normale che il prezzo debba rimanere alto. Tuttavia, non risulta essere così alto da zavorrare il rendimento alla scadenza. Questo si attesta al 2,45%, pari al 2,15% netto. Praticamente, nel caso in cui il tasso d’inflazione in Italia dovesse stabilizzarsi intorno al target BCE del 2% nel medio-lungo termine, avremmo in portafoglio un bond capace di proteggere il capitale dalla perdita del potere d’acquisto.

BTp a 5 anni, cedola e inflazione

Eh, ma l’inflazione attualmente sfiora il 7%. Certo, ma c’è anche da dire che fino alla scadenza il BTp a 5 anni garantirebbe un flusso di reddito molto soddisfacente, pari al 4,73% netto dell’investimento effettuato. Come arriviamo a tale dato? Il 6,5% lordo corrisponde a circa 5,69% netto. Rapportato al prezzo del bond, fa esattamente 4,73%. E’ ancora nettamente inferiore all’inflazione italiana, che a maggio è salita al 6,8%. Tuttavia, a questi livelli dovrebbe sostare per una fase relativamente breve, si stima e si spera per pochi mesi.

D’altro canto, alternative migliori non sembrano esisterne, dato il rischio di credito quasi nullo. Pur in forte rialzo, i rendimenti obbligazionari in tutto il mondo restano decisamente inferiori ai rispettivi tassi d’inflazione.

Anzi, i rendimenti reali sono persino diminuiti quest’anno. Questo significa che i rendimenti nominali sono cresciuti meno dei prezzi al consumo. Per il momento non sembrano appetibili, ma quando l’inflazione ripiegherà per tornare ai livelli “normali” delle economie occidentali negli anni pre-pandemia, risulteranno accattivanti. Solo che, verosimilmente, per allora i rendimenti torneranno a scendere e i prezzi a salire. Meglio pensarci prima.

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