Lo scorso anno, il Tesoro emise un nuovo BTp a 15 anni. Scadenza 1 marzo 2038 (ISIN: IT0005496770), tra meno di tre settimane staccherà la seconda cedola. Il tasso lordo annuale è del 3,25%, per cui il tasso semestrale è dell’1,625%. Ieri, sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana il titolo trattava a 89,45 centesimi. Nettamente sotto la pari, certo. Ma è anche vero che quest’anno ha già messo a segno un rialzo del 7,5%. Infatti, aveva chiuso il 2022 ad una quotazione di poco superiore gli 83 centesimi. Sul piano del rendimento, offriva intorno al 4,35%.

In neppure nove mesi di vita, la quotazione ha oscillato tra un massimo di quasi 102 toccato in agosto a un minimo sotto 83 centesimi raggiunto ad ottobre.

Il BTp a 15 anni è una scadenza generalmente poco battuta dalle famiglie, forse dal mercato in generale. L’interesse mostrato da questi dopo agosto è sceso nettamente. Gli scambi sono crollati da un controvalore medio di 200 milioni di euro al mese in estate ai 100 di settembre e ottobre fino ai 74 milioni di novembre. Di solito, le famiglie puntano su scadenze più brevi, in media sui sette anni. E gli stessi investitori istituzionali guardano ad altre scadenze decisamente più lunghe o più corte.

Fatto sta che il BTp a 15 anni si rivela attualmente interessante. Stacca una cedola annuale, che rapportata ai prezzi vale il 3,63% dell’investimento. Al netto dell’imposizione fiscale, quasi il 3,20%. In tempi d’inflazione ancora in doppia cifra può sembrare poco, ma in prospettiva non lo è affatto. Anche perché esistono concrete possibilità che la quotazione risalga in un arco temporale medio. Lo scorso maggio, il bond fu emesso tramite collocamento sindacato ad un rendimento del 3,30%, cioè leggermente sotto la pari. Allora, il premio offerto rispetto ai BTp a 10 anni viaggiava sui 40 punti base o 0,40%.

BTp a 15 anni alla pari entro quando?

Allo stato attuale, il BTp a 15 anni offre un premio dello 0,25% sul “benchmark” decennale, in linea con l’andamento dell’ultimo quinquennio.

Sarà possibile da qui ad un anno, ad esempio, assistere a una risalita del prezzo a 100? Ciò implicherebbe una discesa del rendimento al 3,25%, lo stesso valore della cedola. E per quanto detto, il BTp a 10 anni dovrebbe offrire non più del 3%. Un’ipotesi del genere per il momento è esclusa. Il decennale italiano rendeva ieri il 4,10% con uno spread a 185 punti. Una discesa entro un anno al 3% sarebbe possibile con 1) calo dei tassi BCE e 2) restringimento dello spread.

In altre parole, affinché il BTp a 15 anni si porti alla pari, il Bund a 10 anni dovrebbe vedere scendere il proprio rendimento in area 1,25%. Uno scenario del genere sarebbe ipotizzabile con tassi BCE già tagliati rispetto ad oggi dell’1% o con il mercato ad attendersi qualcosa di simile. Servirebbe una disinflazione veloce, cioè un crollo dell’inflazione verso il target del 2%. Inverosimile, a meno che la temuta recessione dell’economia nell’Area Euro non si concretizzi. Se il BTp a 15 anni davvero riuscisse a risalire alla pari, l’obbligazionista maturerebbe una plusvalenza di oltre il 10%, a cui si sommerebbe l’incasso delle cedole.

Ad ogni modo, se non nel medio termine, la risalita dei prezzi sarebbe possibile e più probabile entro qualche anno da oggi. Il rendimento effettivo per l’obbligazionista risulterebbe superiore a quello prospettato oggi alla scadenza.

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