Il rialzo dei tassi d’interesse nell’ultimo anno ha reso più appetibili i titoli di stato, che nel decennio passato erano diventati quasi appannaggio della finanza speculativa per via dei bassissimi rendimenti offerti al mercato. Le cedole sono salite drasticamente con le emissioni più recenti. La più alta è del 4,5% e fa riferimento al nuovo BTp a 30 anni con scadenza nell’ottobre 2053. Ma verso la fine di quest’anno ne arriva a scadenza un altro di bond trentennale, che stacca annualmente una maxi-cedola del 9%, il doppio di quella fissata dal Tesoro con il collocamento sindacato di febbraio.

Il titolo in questione sarà rimborsato in data 1 novembre 2023 (ISIN: IT0000366655) e fu emesso con data di godimento nel lontano autunno del 1993 ad un prezzo di 93,75 centesimi.

Maxi-cedola e quotazione sopra 100

Di questo BTp a 30 anni ormai in dirittura di arrivo in circolazione ve ne sono per un controvalore appena inferiore ai 12 miliardi di euro. Questo significa che ogni anno lo stato italiano ha versato agli obbligazionisti cedole lorde per oltre 1 miliardo e nette per 945 milioni. Una cifra notevolissima se pensate che su un trentennale di oggi pagherebbe meno della metà. Alla scadenza, il Tesoro tirerà un sospiro di sollievo, perché si sarà sbarazzato di un extra-costo nell’ordine di quasi mezzo miliardo all’anno.

I possessori di questo bond, invece, avranno di che rimpiangere. Abbiamo preso in considerazione il caso di un obbligazionista che abbia acquistato il BTp a 30 anni all’atto della sua emissione nel ’93 e lo abbia mantenuto in portafoglio sino ad oggi. Avrebbe incassato annualmente una cedola del 9%, che rapportata al prezzo di acquisto sarebbe stata pari al 9,6% lordo. Al netto dell’imposta del 12,50%, farebbe pur sempre l’8,4%. E alla rivendita ipotizzata oggi, maturerebbe persino una lieve plusvalenza, dato che il bond prezzava ieri sopra 103. Il rendimento netto annuo sarebbe stato di quasi l’8,7%.

BTp a 30 anni, rendimento netto reale 6,5%

Sì, ma c’è l’inflazione. Ebbene, questa è stata mediamente del 2,17% all’anno tra il novembre del ’93 e il mese scorso. Pertanto, il rendimento netto reale dell’investimento risulterebbe essere stato all’incirca del 6,5%. Un bilancio estremamente positivo, che sarebbe stato in grado di battere persino un eventuale investimento in oro, il cui rendimento annuo in dollari nel periodo è della metà: 3,3%. Con la differenza non di poco conto che in quasi trenta anni con il metallo non avremmo intascato un solo euro di guadagno, essendo un asset che non stacca cedole.

E chi ha rivenduto il BTp a 30 anni negli anni passati, ha potuto portare a casa risultati ancora migliori. Pensate che l’apice dei prezzi fu raggiunto nel 2015 a 165. In quel caso, la plusvalenza lorda maturata con la cessione sarebbe stata superiore al 75%. Ancora oggi, malgrado la quotazione nettamente sopra la pari, questo titolo offre un rendimento alla scadenza superiore al 3% su base annua. Stacca la prossima cedola semestrale l’1 maggio e sarà del 4,50% lordo, cioè di circa il 3,94% netto.

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