In meno di due settimane, il BTp 2067 e cedola 2,80% (ISIN: IT0005217390) ha perso il 3,8%, scendendo da un massimo storico di 121,30 ai 116,70 di ieri. Nel frattempo, il rendimento lordo è risalito di 16 punti base a circa il 2,09%. Ribattezzato dalla stampa “bond Matusalemme” per via della sua durata ultra-lunga, resta ad oggi il titolo di stato italiano più longevo emesso. Il trend negativo sta coinvolgendo la parte lunga di un po’ tutte le curve delle scadenze sui mercati maturi. Il trentennale americano esordiva ad agosto con un rendimento dell’1,23% e ieri offriva l’1,48%, un quarto di punto percentuale in più.

E in Europa, abbiamo che il trentennale tedesco perde il 4,6% in una decina di giorni, con il relativo rendimento a impennarsi dal -0,07% al +0,06%, tornando in territorio positivo. Male anche il nuovo bond austriaco a 100 anni, emesso nel giugno scorso e che in pochi giorni si è deprezzato di oltre l’8%.

Per capire cosa stia succedendo, dobbiamo parlare di inflazione. La Federal Reserve ha esplicitato l’obiettivo di un tasso tollerato sopra l’attuale target del 2% e in via strutturale. In generale, il mercato inizia a scontare che gli oltre 9 mila miliardi di dollari di stimoli monetari iniettati in pochi mesi dalle principali banche centrali del pianeta finiscano per dare i loro frutti con la ripartenza delle economie dopo i crolli accusati in pieno Covid, facendo salire i prezzi al consumo.

BTp 2067 tornato sotto i massimi e il rendimento inizia a mostrarsi troppo stretto

Rischi e opportunità per il BTp 2067

Aspettative d’inflazione crescenti dovrebbero rendere le curve dei rendimenti più ripide. Se sconto una crescita dei prezzi più alta, pretendo rendimenti maggiori man mano che le scadenze si allungano, un premio per privarmi della liquidità per un lasso di tempo più lungo. Questo significa, quindi, che le distanze tra bond lunghi e quelli più brevi aumenteranno, con i prezzi dei primi a ripiegare più velocemente.

Questo scenario è corroborato anche dal fatto che si preveda un aumento delle emissioni di debito nell’Eurozona per la fine dell’anno.

La maggiore offerta dovrebbe spingere gli investitori a pretendere rendimenti più alti per acquistare titoli longevi. Per queste ragioni, il BTp 2067 rientrerebbe tra quei bond che pagherebbero il prezzo più alto nei prossimi mesi, tra reflazione attesa e calendario di emissioni più fitto. Ma non è mai stato un mistero che questo titolo risulti idoneo per posizionarsi in vista di un miglioramento del mercato obbligazionario domestico, rischiando di più nelle fasi avverse. L’elevata “duration” lo rende abbastanza speculativo, come segnala il fatto che la quotazione sia esplosa di oltre il 56% tra il novembre 2018 e il settembre di un anno fa, cioè in appena dieci mesi.

Quanto detto non implica la necessità di disfarsene. Molto dipende dall’orizzonte temporale che si ha per l’investimento, oltre che dalla data di ingresso sul mercato. In una prospettiva di medio-lungo termine, questo bond resta appetibile, pur con i rischi legati al possibile rialzo dei tassi tra qualche anno. Se l’Eurozona deciderà di rafforzare il suo profilo “mutualistico” datosi con il Covid, il BTp 2067 disporrebbe di un margine rilevante per ammortizzare anche eventuali rialzi dei rendimenti nell’area, offrendo ancora oggi più del 2%, a fronte di neppure lo 0,65% per il bond a 100 anni austriaco.

BTp Italia al test della reflazione per un portafoglio a prova di ripresa

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