Il meglio per il mercato sovrano italiano è con ogni probabilità alle spalle. Perdite a doppia cifra per i nostri titoli di stato nelle ultime settimane, come testimonia il BTp 1 settembre 2051. Il bond a 30 anni, cedola 1,7% (ISIN: IT0005425233), aveva toccato i massimi l’11 febbraio scorso, ripiegando da allora di quasi il 9%. La quotazione è scesa sotto la pari, a 97,90 centesimi. Il rendimento è salito, invece, all’1,80%. Era sceso in area 1,35% un paio di mesi fa.

Il trend del BTp 2051 è del tutto simile a quello generale dei nostri titoli di stato, a sua volta mitigato dal minore rischio sovrano percepito sui mercati con la nascita del governo Draghi.

 Nemmeno il tempo di insediarsi alla guida dell’esecutivo, che il premier si era già perso il meglio dei mercati obbligazionari. La coincidenza si deve alla reflazione in corso, forse scontata dagli investitori più di quanto non si materializzerà nei prossimi mesi.

Ad ogni modo, il rendimento del BTp 2051 già torna ad essere attraente. Al netto dell’imposizione fiscale, esso corrisponde all’1,58% netto. In altri tempi, per una durata di questo genere l’investimento non l’avremmo neppure preso in considerazione. Ma nell’anno 2021, ottenere un simile livello di remunerazione del capitale è quasi proibitivo. La cedola netta effettiva, cioè rapportata al valore dell’esborso, ammonta all’1,52%. Non è tanto, ma considerate che a marzo l’inflazione italiana era risalita solo allo 0,8%.

BTp 2051 e incognita inflazione

In altre parole, oggi come oggi il BTp 2051 più che protegge il capitale investito dalla perdita del potere d’acquisto. Per quanto? Non abbiamo la sfera magica per conoscere in anticipo l’evoluzione dei tassi d’inflazione in futuro. Possiamo, però, cercare di capire cosa preveda il mercato. Per farlo, abbiamo preso come riferimento il BTp€i 15 maggio 2051 e cedola 0,15% (ISIN: IT0005436701). Esso offre oggi un rendimento lordo dello 0,27%. Rispetto al trentennale con cedola fissa, siamo a 153 punti base o 1,53% in meno.

Questa differenza equivarrebbe all’inflazione media annua attesa per i prossimi 30 anni.

Attenzione, perché parliamo di inflazione europea in questo caso. In Italia, la crescita dei prezzi potrebbe variare. Ad ogni modo, le differenze non dovrebbero risultare eclatanti e, comunque, in questa fase le aspettative d’inflazione nel nostro Paese risultano inferiori a quelle medie nell’Eurozona. Questo ci spingerebbe a credere che il BTp 2051 sarebbe in grado di almeno tutelare il potere d’acquisto del capitale investito anche nel lungo periodo. Si evince dal fatto che il suo rendimento netto è oggi non inferiore all’inflazione attesa.

Certo, se la BCE riuscisse a centrare il target “vicino, ma di poco inferiore al 2%”, si salverebbero alla lunga solo i rendimenti netti oggi in area 2%, cioè neppure i BTp a 50 anni. Ma del resto non è la prima volta che scriviamo quanto sia impossibile in questa fase portare a casa un rendimento accettabile e al contempo assumersi rischi sostanzialmente nulli. Già i titoli italiani si mostrano pure generosi. Altrove nell’Eurozona, sui 30 anni si arriva a percepire poco più di zero e il bond austriaco a 100 anni ancora non arriva all’1%.

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