Il Tesoro ha piazzato ieri sul mercato e attraverso un collocamento sindacato un nuovo BTp a 30 anni, cedola 2,45% e con scadenza in data 1 settembre 2050. Il prezzo di aggiudicazione è stato di 99,28 per cui il rendimento alla scadenza equivale al 2,50% lordo annuo. L’operazione è stata affidata a Barclays, Bnp Paribas, Citigroup, Credit Agricole e MPS. Il successo che ha riscosso il bond è stato indiscutibile: ordini per ben 47 miliardi di euro, a fronte di un’offerta che si è fermata a 7 miliardi. Del resto, in questi stessi giorni il Bonos a 10 anni della Spagna ha ricevuto ordini per 53 miliardi e sempre ieri il Belgio ha attirato 23 miliardi per il suo decennale.

La settimana scorsa era stata caratterizzata da emissioni copiose in Europa, tra Irlanda, Portogallo, Cipro e Slovenia.

L’ottimo momento sui mercati finanziari ha convinto il Tesoro italiano ad approfittarne per emettere il nuovo “benchmark” a 30 anni, che rimpiazza quello con scadenza nel settembre 2049 e rispetto al quale è stato determinato uno spread di 6 punti base, meno dei 9 inizialmente indicati nella guidance. Il rendimento dell’attuale trentennale ieri si aggirava al 2,43%. Il bond appena emesso risulta in Italia il secondo più longevo dopo il BTp 2067 con cedola 2,80%. Rispetto al trentennale emesso solamente 10 mesi fa, si caratterizza per una cedola nettamente più bassa di 140 punti base. Allora, infatti, il BTp 2049 venne emesso con un tasso fisso del 3,85%, risentendo delle diverse condizioni del mercato. La cedola del nuovo bond risulta la più bassa sinora in Italia per una scadenza ultra-lunga.

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Ricordiamo, infatti, che fino alla tarda primavera dello scorso anno, il mercato sovrano italiano risultava oggetto di vendite per via delle forti tensioni politiche tra il governo “giallo-verde” e la Commissione europea sul deficit. E così, oggi il titolo si acquista a 130, ma è arrivato a costare sopra i 145 nell’estate scorsa, a pochi mesi dal suo debutto, per effetto del crollo del rendimento.

Una cedola più generosa si mostra più capace di reggere il prezzo nelle fasi di tensione sui mercati, ma se si punta a tenere il titolo fino alla scadenza, si subirà una forte minusvalenza alla data prevista per il rimborso. E sul piano fiscale, nel caso non si fosse in grado di compensarla con eventuali plusvalenze finanziarie, il credito andrebbe perduto.

Nuovo benchmark, cedola più bassa

Il BTp 2050 offre una cedola più bassa e proprio per questo, rispetto all’ormai ex “benchmark”, risulta più esposto alle variazioni dei rendimenti sul mercato. Sarebbe un fatto positivo, se questi diminuissero dai livelli attuali, in quanto i prezzi salirebbero più repentinamente e consentirebbero all’obbligazionista di percepire guadagni più alti con la rivendita. Viceversa, se i rendimenti salissero, si accuserebbero perdite virtuali maggiori. Tuttavia, chi lo comprasse in questi giorni, alla scadenza tra 30 anni non farebbe i conti con un rimborso decisamente inferiore al valore nominale e, per quanto sopra accennato, ciò eviterebbe grane con il fisco.

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Comunque sia, il forte successo riscosso dal bond ultra-lungo italiano è figlio della fame di “yield”, che nel mondo avanzato non accenna a ridursi. Il nostro trentennale continua a offrire un rendimento quasi doppio di quello spagnolo e in un ambiente in cui anche solo spuntare l’1% è diventato un miraggio, il 2,50% diventa quasi un sogno, specie se si considera che il debito acquistato è denominato in euro, una valuta destinata a rafforzarsi nei prossimi anni, certamente contro il dollaro. A titolo di confronto, il Treasury a 30 anni nemmeno arriva al 2,30%, mentre in Germania si ferma allo 0,30%.

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