Il Tesoro emetterà domani la 24-esima tranche dei BTp indicizzati all’inflazione europea, scadenza 15 settembre 2032 (ISIN: IT0005138828), cedola reale annuale garantita all’1,25%, per un importo compreso tra un minimo da 500 milioni e un massimo di 1 miliardo di euro. Si tratta di una buona occasione per cercare di diversificare il proprio portafoglio obbligazionario, puntando su uno strumento al contempo sicuro e capace di proteggerci dall’inflazione. La domanda che dovremmo porci, prima di eventualmente acquistare, sarebbe sul rendimento minimo accettabile in fase di collocamento.

Per capirlo, dobbiamo confrontare il titolo con il suo omologo a cedola fissa, che sarebbe il BTp marzo 2032 (ISIN: IT0005094088) e cedola 1,65%. Al momento, rende intorno al 2,95%.

I BTp Italia ci segnalano che il mercato sottostima l’inflazione, brutte sorprese per le cedole fisse?

Pertanto, il tasso di “breakeven”, vale a dire quello che rende equivalenti le due obbligazioni di stato, trascurando i sei mesi di differenza nelle rispettive scadenze (più che accettabile, considerando che parliamo di bond a 13 anni), sarebbe dell’1,70%. In altre parole, poiché il Tesoro corrisponderà cedole comprensive dell’inflazione nell’Area Euro e, comunque, mai inferiore all’1,25%, dovremmo sperare che questa non risulti inferiore all’1,70% media, altrimenti risulterà più conveniente avere acquistato il bond con cedola fissa. Per tassi d’inflazione superiori all’1,70%, invece, il BTp indicizzato si rivelerà superiore, proteggendo integralmente dalla perdita del potere di acquisto, contrariamente alla cedola fissa che ne risulterebbe erosa in misura superiore alle attese.

Il BTp 2032 indicizzato all’inflazione conviene?

Negli ultimi sei mesi, l’inflazione nell’unione monetaria si è attestata mediamente all’1,67%, seguendo un trend calante per via del tracollo delle quotazioni petrolifere, queste ultime in forte recupero negli ultimi mesi, risalite ai massimi dall’ottobre scorso e in area 75 dollari per il Brent, a fronte di un cambio euro-dollaro stabile (il barile si compra in valuta americana).

Dovremmo attenderci, quindi, una ripresa anche dei prezzi, almeno temporaneamente. Se l’inflazione dovesse attestarsi nei prossimi mesi ai livelli del semestre appena trascorso, affinché il BTp indicizzato risulti equivalentemente appetibile a quello con cedola fissa di pari durata sarebbe necessario che dal collocamento di domani esitasse un rendimento in area 1,2550%, di poco superiore al valore della cedola garantita.

In altre parole, meglio sarebbe se il prezzo di emissione risultasse appena sotto la pari, intorno a 99,60. A questo livello, il rendimento lordo annuo, immaginando un’inflazione intorno a quasi l’1,7%, sarebbe proprio del 2,95%, quanto quello offerto dal BTp 2032 con cedola fissa. L’aspetto interessante per l’investitore italiano sta nella minore inflazione registrata in Italia rispetto alla media europea, negli ultimi anni. Nel semestre che ci siamo messi alle spalle, la crescita tendenziale media dei prezzi nel nostro Paese è stata dell’1,2%, circa mezzo punto più bassa. Questo significa, quindi, che il BTp di domani ci offrirà, almeno per il prossimo futuro, un rendimento “extra”, dettato dal fatto che il Tesoro corrisponderà cedole legate alla più alta inflazione dell’Area Euro, a sua volta il riflesso di un’economia complessivamente più dinamica.

E se il mercato obbligazionario stesse sbagliando i conti con l’inflazione?

Per il BTp con cedola fissa, la più bassa inflazione italiana viene di fatto scontata da un rendimento esitato sui mercati che incorpora proprio aspettative “semi-fredde” e che risulterebbe superiore, ceteris paribus, nel caso di un’inflazione allineata ai livelli medi europei. Si consideri, infine, che i BTp 15 settembre 2032 indicizzati e attualmente già negoziati sul secondario offrono un rendimento lordo dell’1,91%, quotando a 92,50%. Confrontandoli con il bond a cedola fissa, dedurremmo che il mercato si attenderebbe un’inflazione europea intorno all’1%, obiettivamente abbastanza bassa per essere giustificata anche dalla sfavorevole congiuntura economica di questi trimestri.

Difficile, però, che il Tesoro riesca a vendere la nuova tranche a prezzi decisamente superiori a quelli vigenti sul mercato, ragione per cui sembra proprio che l’emissione esiterà rendimenti appetibili.

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