Naci Agbal ha dovuto dare prova di credibilità e il 24 dicembre, in un clima ormai festivo sui mercati internazionali, ha alzato i tassi d’interesse per la seconda volta consecutiva e da quando si è insediato come governatore della banca centrale turca. Li ha portati dal 15% al 17%. In appena un mese, quindi, il costo del denaro è cresciuto di 675 punti base. Del resto, non aveva scelte. L’inflazione a novembre è salita al 14% e diversi analisti stimano una ulteriore accelerazione per dicembre, sebbene l’istituto preveda un calo al 12,10%.

Poco importa, perché serviva un chiaro segnale di contenimento dell’inflazione. Lo stesso Agbal la stima per la fine dell’anno prossimo al 9,4%, quasi il doppio del target del 5%.

Le ultime misure messe in campo dall’istituto stanno andando nella giusta direzione, ma siamo agli inizi della ripresa di fiducia tra gli investitori esteri. La lira turca ha guadagnato il 2,5% contro il dollaro dal rialzo dei tassi, salendo ai massimi da 3 mesi e mezzo. Resta in calo del 20% quest’anno. In rialzo, però, i rendimenti sovrani lungo la curva, con il decennale oggi ad offrire il 12,89% e la scadenza a 2 anni il 14,85%. Sembra come se le aspettative d’inflazione per il momento non si “raffreddassero” e restassero elevate e grosso modo invariate.

L’inflazione in Turchia accelera e i rendimenti dei bond tornano ai massimi da un mese

Inflazione e cambio determinanti sui bond

Bisogna stare attenti a monitorare non solo la politica monetaria, quanto anche l’andamento dell’economia turca. Dopo la maxi-stretta del 2018, il presidente Erdogan non accettò più che i tassi restassero alti, quando iniziarono a impattare negativamente sulla crescita del PIL. Accadrà anche stavolta? Si consideri che a differenza di allora, il contesto internazionale e domestico si mostra molto peggiore, a causa delle conseguenze negative che le restrizioni imposte contro il Covid stanno avendo sull’economia.

Credibile che Erdogan accetti nei prossimi mesi un costo del denaro alto contro l’alta inflazione, a costo di rischiare di soffocare la ripresa?

Per il momento, è arrivato un primo segnale misto dal mercato del lavoro. Il governo ha innalzato il salario minimo per il 2021 del 22% a 2.826 lire (309 euro). Il sindacato dei lavoratori Turk-Si è rimasto profondamente insoddisfatto, avendo richiesto un aumento a circa 3.800 lire e ha giudicato l’adeguamento “inaccettabile”. Come interpretare questa misura? Da un lato, era parzialmente obbligata per adeguare i salari al maggiore costo della vita. E circa la metà dei lavoratori turchi percepisce poco più o poco meno del salario minimo legale. Dall’altro, il maxi-aumento rischia di alimentare l’inflazione, innescando una spirale simile a quella che negli anni Ottanta venne provocata dalla cosiddetta “scala mobile” in Italia.

Il mercato obbligazionario turco sarà appetibile nei prossimi mesi, se a fronte di rendimenti a doppia cifra si avranno un rafforzamento o almeno una stabilizzazione del cambio e una decelerazione dell’inflazione. Questi sono gli ingredienti fondamentali per tornare a investire in Turchia, dove i bond hanno provocato grosse perdite agli investitori, tra effetto cambio e prezzi calanti quest’anno. Il tutto, condito da un contesto geopolitico più rasserenante. E l’esordio della presidenza Biden negli USA sarà un test importante per verificarlo.

Sanzioni USA contro la Turchia sui missili russi, bond e lira cadono ai minimi da un mese

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