Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha usato parole chiare sulla non sostenibilità dell’attuale traiettoria del debito pubblico. Ha dichiarato che l’alta spesa per gli interessi sta deviando risorse dalle voci che servirebbero per far crescere l’economia. Ha prospettato tassi di crescita del 3% anche attraverso un maxi-piano capace di sbloccare investimenti per 1.000 miliardi di rand (circa 50 miliardi di euro) nei prossimi 4 anni. Del resto, il suo ministro delle Finanze, Tito Mboweni, ha stimato che il rapporto debito/pil salirà al 100% nel 2025 dal 62% dello scorso anno, chiudendo il decennio al 114%.

I bond del Sudafrica hanno reso fino al 6,5% in tre settimane. E adesso?

Il Sudafrica non cresce da una decina di anni, è soffocato da alto debito, altissima disoccupazione e corruzione dilagante. Il mercato percepisce un rischio sovrano non particolarmente basso, se è vero che i “credit default swaps” a 5 anni si comprano a circa 314 punti base, implicando un tasso atteso di fallimento di oltre il 5% entro il quinquennio. E dai primi mesi dell’anno, i titoli di stato sono definitivamente stati declassati a “junk” o “spazzatura”. Gli stessi rendimenti dei bond sono elevati: al 4,30% per la scadenza a 2 anni, al 9,26% per quella a 10 anni. Tuttavia, il trend sta migliorando nelle ultime settimane. Dal 7 ottobre scorso, i titoli biennali hanno perso 28 punti base, i decennali 32. Lo stesso tasso di cambio contro il dollaro si è rafforzato del 3,6% nelle ultime tre settimane, anche se quest’anno perde il 15%.

Verso un miglioramento dei bond sudafricani?

E’ probabile che il mercato abbia scontato il peggio e inizi a intravedere qualche segnale di miglioramento per l’economia sudafricana, collassata del 17% annuo nel secondo trimestre a causa del Covid. Tra dati macro cinesi positivi (pil a +4,9% nel nel terzo trimestre) e l’annuncio di Pfizer di poter arrivare a un vaccino entro l’anno, l’appetito per il rischio oggi sembra premiare il Sudafrica, che si mostra relativamente allettante per gli investitori.

L’inflazione in agosto è stata del 3,1%, ma i tassi d’interesse della Reserve Bank sono fissati al 3,5%, per cui il costo del denaro resta positivo in termini reali.

Se le tensioni finanziarie globali dovessero rientrare, il rand potrebbe smettere di arretrare e l’inflazione sudafricana si contrarrebbe, aumentando i tassi reali e finanche creando qualche margine per l’istituto per un nuovo taglio dei tassi senza impattare negativamente sul cambio. Se ne gioverebbe l’economia e lo stesso mercato obbligazionario. Del resto, stiamo parlando di rendimenti a doppia cifra sulle scadenze ultra-lunghe. Certo, l’effetto cambio non induce a buttarsi a capofitto su questi bond, ma se le prospettive a medio termine migliorassero si potrebbe inserire qualche bond governativo di Pretoria in portafoglio per accrescere la “yield” complessiva e magari per realizzare qualche discreta plusvalenza in pochi mesi.

I titoli in rand sudafricani adesso sembrano tornati interessanti

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