La Banca Mondiale ha emesso nei giorni scorsi il suo primo bond denominato in franchi ruandesi per un valore di 37 miliardi (40 milioni di dollari USA). Il titolo in scadenza in data 20 gennaio 2023 e con cedola 9,25% (ISIN: XS2107448941) è stato emesso alla pari e risulta quotato alla London Stock Exchange. Si tratta della settima emissione che l’organismo sovranazionale denomina in una valuta sub-sahariana. Un’occasione preziosa per il Ruanda di accedere al mercato dei capitali londinese e di attirare l’attenzione degli investitori internazionali.

Dichiarazioni di apprezzamento sono state rese dal governatore della banca centrale ruandese, John Rwangombwa.

I ricavati dell’operazione saranno utilizzati, insieme a quelli derivanti dall’emissione di un bond di Kigali di questi giorni, per sostenere gli investimenti dello stato africano nell’anno fiscale in corso. Il Ruanda è noto alle cronache internazionali per il tragico genocidio dei tutsi, uno dei più sanguinari della storia mondiale. Per fortuna, questa economia emergente ha rialzato la testa e da tempo vive una fase di boom, con il pil in netta crescita e un miglioramento visibile per le condizioni di vita dei cittadini, sostenuto da una sorprendente impennata di presenze turistiche.

Investendo in questo bond, il rischio di credito che si corre è sostanzialmente nullo, in quanto la Banca Mondiale gode del rating “AAA”. Resta, però, l’esposizione nella valuta emergente, che rappresenta nei fatti l’unico rischio. Il franco ruandese ha perso il 40% contro il dollaro nell’ultimo decennio, cioè tende a indebolirsi a un ritmo annuo del 3,4%. Certo, se questo fosse anche il tasso di deprezzamento medio per il prossimo triennio, all’investitore andrebbe di lusso, dato che alla scadenza si ritroverebbe con un capitale svalutato di oltre il 10%, ma al contempo avrebbe incassato cedole per il 27,75% dell’investimento, pur a loro volta svalutate di scadenza in scadenza, per cui il rendimento effettivo annuo rimarrebbe comunque elevato e sfiorerebbe il 2,50%.

Numeri non proprio da buttare di questi tempi.

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Il fattore cambio

Il cambio del Ruanda è tendenzialmente debole per ammissione della stessa banca centrale, a causa dei forti squilibri commerciali. Le importazioni crescono molto più rapidamente delle esportazioni, sostenute dal miglioramento del benessere interno, con la bilancia commerciale cronicamente in pesante passivo (anche per oltre il 20% del pil), tengono così alta la domanda di valuta straniera. E il fenomeno rischia di proseguire intatto nei prossimi anni, man mano che i consumi aumentano. Questo suggerirebbe una costante debolezza del cambio, da qui la cedola generosa offerta dalla Banca Mondiale. Il rischio di cambio per un investitore dell’Eurozona è accresciuto dal fatto che la moneta unica è attesa in rafforzamento nei prossimi anni, anche contro il dollaro, per cui il rendimento effettivo alla scadenza tenderebbe a risultare inferiore, auspicabilmente rimanendo positivo.

Infine, il rischio di liquidità. Non è nemmeno da sottovalutare. Per quanto la quotazione sia avvenuta alla Borsa di Londra, parliamo di un bond dal controvalore di appena 37 milioni di dollari e che verosimilmente è in mano agli investitori istituzionali, molti dei quali potrebbero mostrarsi riluttanti a rivendere prima della scadenza. In pratica, non sarebbe facile disinvestire. Ad ogni modo, la cedola di questo titolo appare molto allettante, se confrontata con il 6,6250% offerto dal bond sovrano ruandese emesso nel 2013 e che attualmente rende intorno al 4,70%, anch’esso in dollari (ISIN: XS0925613217). Sarà stato un modo per attirare i capitali stranieri verso un’emissione senza precedenti per lo stato africano?

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