Da seconda potenza produttrice di petrolio, la Russia risulta tra le economie più colpite dall’emergenza Coronavirus, il cui impatto è stato deleterio proprio sulla materia prima, con prezzi collassati ai minimi da venti anni per il Brent e ai minimi storici di quasi -40 dollari al barile per il WTI americano. Ma il rimbalzo delle quotazioni nelle ultime settimane ha sostenuto l’umore dei mercati, con conseguenze visibilmente positive per Mosca. Il Brent ha guadagnato il 100% rispetto ai minimi toccati in aprile, pur restando del 50% più basso da inizio anno.

Il rublo ha seguito con un rafforzamento del 12,4% dai minimi di marzo, pur segnando ad oggi un -12,7% per quest’anno.

Bond Russia, rendimenti a breve in forte calo e ai minimi storici con il QE di Mosca

Complice il taglio dei tassi, i rendimenti sovrani russi sono scesi ai minimi storici lungo la curva. Oggi, il bond a 2 anni offre il 4,79% e quello a 10 anni il 5,78%. Più avidi, ma meno esposti al rischio di cambio, sono i titoli di stato denominati in dollari. Vi presentiamo le tre scadenze più lunghe, quelle maggiormente esposte alla volatilità dei prezzi, ma anche con maggiori potenzialità di guadagno.

Il bond in scadenza nel marzo 2035 e cedola 5,10% (ISIN: RU000A1006S9) oggi rende il 2,83%, quotando a quasi 124, nettamente sopra la pari. Dai minimi di marzo, è risalito del 18%, portandosi a poco meno dei massimi pre-Coronavirus. Il bond in scadenza nell’aprile 2042 e cedola 5,625% (ISIN: XS0767473852) offre un rendimento del 3,33%, cioè mezzo punto percentuale in più rispetto al precedente, balzando del 23% in nemmeno due mesi e mezzo e segnando -6,5% rispetto ai massimi di inizio marzo scorso. Infine, il bond con scadenza giugno 2047 e cedola 5,25% (ISIN: RU000A0JXU14) si aggira attorno a un rendimento del 3%, il più basso dei tre. Anch’esso segna un vigoroso recupero dopo il tracollo di marzo, rispetto al quale i prezzi hanno guadagnato ben il 33,50%, attestandosi a poco meno dai massimi storici.

Investire nei bond della Russia in dollari?

Il debito sovrano russo è “investment grade”, con rating “BBB-” per S&P, “BBB” per Fitch e “Baa3” per Moody’s. La sua incidenza sul pil era meno del 15% nel 2019, ma chiaramente è destinata a salire con la crisi in corso dell’economia e la necessità per Mosca di potenziare le emissioni di OFZ per tamponare il crescente “buco” di bilancio, non volendo intaccare i due fondi sovrani da oltre 160 miliardi di dollari, una sorta di garanzia contro le tensioni finanziarie. Nulla di apparentemente preoccupante, insomma. Vale la pena chiedersi se sia il caso di buttarsi sulle emissioni in dollari, i cui rendimenti saranno anche poco generosi di questi tempi per un’economia emergente, ma offrirebbero ulteriori guadagni con la ripresa delle quotazioni petrolifere, a riduzione dei rischi sovrani.

Dobbiamo ammettere, però, che il recupero ci sarebbe stato grosso modo e risulta difficile immaginare, pur in un ambiente di tassi azzerati ormai anche negli USA, che i titoli di Mosca possano offrire ancora meno di oggi, quando il trentennale italiano in dollari (BTp ottobre 2049) offre più del 4%, a parità di rating. E’ vero che l’Italia sia almeno 10 volte più indebitata della Russia e il suo rischio default atteso dal mercato sia quasi doppio, ma l’azione di sostegno offerta dalla BCE ai nostri bond limiterebbe tali probabilità di evento creditizio avverso. In sostanza, restando a casa nostra si porterebbe a casa un guadagno maggiore sulle lunghe scadenze, nonché potenziali guadagni più sostanziosi, dati i recuperi solo parziali dei prezzi.

La Russia taglia i tassi, ma i bond in rubli restano rischiosi

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