Lo spread Btp/Bund ha chiuso in forte allargamento a 265,878 punti base rispetto ai 235,405 di ieri dopo l’approvazione del Documento di Economia e Finanza da parte del Consiglio dei ministri, che prevede un deficit del 2,4% dal 2019 al 2021. Il costo di finanziamento del decennale è decollato di 23 punti base al 3,15% e quello del biennale di 28 pb all’1,1%.

Inoltre, sul fronte dei Credit Default Swap, i prodotti utilizzati per coprirsi dal rischio di default di un Paese, “il Cds a 5 anni sull’Italia sta quotando circa 50 punti base al di sopra di quello del Sudafrica“, fa notare Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte Sim, “un Paese che è ha giá un rating di credito inferiore all’investment grade“.

Di fatto, spiega Cesarano, “gli investitori stanno implicitamente temendo un downgrade a fine ottobre da Moody’s” di uno o addirittura due gradini.

Il mercato è pessimista perchè le conseguenze del Def possono essere solo negative: “una lotta aperta/un dibattito acceso con l’Ue; un incremento durevole del costo del capitale per le aziende italiane, comprese le banche; un potenziale downgrade del debito italiano da parte delle agenzie di rating a ottobre; un aumento dell’incertezza politica, con rischi che il ministro delle Finanze lasci la coalizione“, afferma Patrice Gautry, capo economista di Union Bancaire Privee, puntualizzando che “tutto ciò aggiungerá ulteriori pressioni politiche sugli altri governi Ue, potrebbe avere un impatto negativo sull’euro, favorire la percezione dei Bund tedeschi come beni rifugio e sollevare preoccupazioni sulla restante riforma delle banche italiane“.

Inoltre, se il selloff sui bond italiani dovesse continuare ed aggravarsi “limiterebbe l’azione della Bce, che si tratti di rinviare la fine degli acquisti di bond o il rialzo dei tassi di interesse. Non dico che la situazione sia simile alla Grecia nel 2010, assolutamente, ma con il decennale che torna sui massimi da quattro anni qualche fattore di preoccupazione viene sollevato, a maggior ragione aspettando il verdetto dell’Europa e delle agenzie di rating“, ha aggiunto a Class Cnbc (televisione del gruppo Class E che assieme a Dowjones & co controlla questa agenzia) Joseph Lavorgna, Chief Economist of the Americas di Natixis.

C’è poi la questione Tria. Gli esperti di Wisdomtree credono che nel processo di formulazione della Legge di Bilancio italiana, il ministro delle Finanze stia “giocando un ruolo passivo, reso evidente dal deficit di bilancio previsto per il 2019 che è molto superiore rispetto al target dell’1,6% formalmente concordato con l’Ue, oltre che maggiore delle nostre aspettative”. Aneeka Gupta, Associate Director of Research di WisdomTree ritiene che Tria “abbia ceduto alle pressioni dei partiti della coalizione orientati ad una politica fiscale piú flessibile, volta a stimolare la crescita“.

Anche per colpa del passo indietro di Tria, sottolineano gli strategist di IG, il mercato si sta riposizionando sui livelli visti a fine agosto, quando le voci su un deficit/Pil superiore al 2% erano diventate consistenti. “Una volta arrivati a quei livelli (spread a 300 punti base e Ftse Mib a 20.200 punti) le discese potrebbero stemperarsi temporaneamente, soprattutto se il risk on sui mercati internazionali dovesse rimanere intatto. Con i cali di oggi il mercato sta giá incorporando anche i prossimi downgrade e un eventuale procedura d’infrazione dell’Europa nei confronti del Paese, che entro il 30 novembre dovrá esprimere un primo parere, per poi dare un giudizio definitivo solo nella primavera del 2019“.

Per gli esperti però “il quadro potrebbe deteriorarsi sensibilmente nel caso di dimissioni del Ministro Tria, che funge da garante dei conti pubblici nei confronti dell’Europa. A quel punto potrebbe essere compromessa la stabilitá finanziaria e lo scenario di un nuovo 2011 diventerebbe piú concreto. Lo spread potrebbe spingersi fino a 450-500 punti base e l’ipotesi di vedere all’azione il piano Omt (Outright Monetary Transactions) della Bce sarebbe molto probabile“.

Resta infine, sebbene remota, la paura dell’Italexit. “La prospettiva di un’uscita dell’Italia dall’Eurozona sarebbe stata impensabile qualche anno fa”. Ad oggi “continua ad essere improbabile, ma che non è piú impossibile da immaginare, se consideriamo il successo dei movimenti euroscettici in questo Paese. La nostra preoccupazione principale al momento è il possibile deteriorarsi ulteriore del contesto economico: il vero rischio per l’Italia potrebbe materializzarsi quando, senza sufficienti riserve strutturali per abbassare la crescita dei tassi, la dimensione del surplus primario richiesto per stabilizzare il rapporto debito/Pil potrebbe diventare irraggiungibile“, afferma Adrian Hilton, gestore del fondo Threadneedle Lux European Strategic Bond di Columbia Threadneedle Investments.

Per l’esperto comunque “c’è sempre tempo per ripensare a un bilancio eventualmente piú conservativo prima che il disegno di legge venga presentato alla Commissione Europea il mese prossimo, e la nostra opinione è che l’attuale governo possa smettere di flirtare con la prospettiva di una uscita dall’Eurozona”. Per Hilton però “questa volatilitá non aiuta di certo il sentiment nei confronti dell’Italia e permane anche il rischio che possibili downgrade da parte delle agenzie di ratings possano aggravare ulteriormente la crisi. Columbia Threadneedle Investments mantiene comunque per ora una posizione neutral“.