In settimana, gli Emirati Arabi Uniti hanno collocato sul mercato internazionale un nuovo bond in dollari suddiviso in due tranche a lunga scadenza. Il Tesoro ha così raccolto 3 miliardi di dollari, di cui 1,75 miliardi per l’obbligazione a 10 anni e 1,25 miliardi per l’obbligazione a 30 anni. L’obiettivo iniziale era di raccogliere 1,5 miliardi, la metà dell’importo finale. Entrambe le scadenze sono state prezzate in data 23 giugno e scadranno rispettivamente il 7 luglio 2032 e il 7 luglio 2052. Nel dettaglio, la tranche decennale ha esitato una cedola fissa lorda del 4,05%, cioè a premio di 100 punti base o 1% sul Treasury di pari durata.

La tranche trentennale, invece, staccherà cedola fissa lorda del 4,951%, a premio di 175 punti base o 1,75% sul Treasury di pari durata.

Bond in dollari, condizioni offerte

Entrambe le tranche del bond in dollari saranno quotate al London Stock Exchange, al Nasdaq di Dubai e nel caso della trentennale anche al Taipei Exchange, ragione per cui questa è anche definita “Formosa bond”. Esso è il nome che viene assegnato sui mercati ai titoli obbligazionari negoziabili a Taiwan.

Rispetto alle indicazioni iniziali, i rendimenti sono risultati inferiori grazie a una domanda pari a oltre 5 volte l’importo offerto. Gli ordini hanno superato, infatti, la soglia dei 15 miliardi. La parte del leone l’hanno fatta chiaramente gli investitori americani con il 41-42%, mentre gli europei hanno mostrato relativamente scarso interesse con il 7-9% delle richieste complessive. E’ naturale che fosse così. Il bond in dollari USA presenta un rischio di cambio per gli investitori non americani, mentre per quelli provenienti dagli USA rappresenta un’ottima opportunità di diversificazione del portafoglio limitando il rischio.

I rating assegnati al debito degli Emirati Arabi sono elevati: AA per S&P, AA- per Fitch e Aaa2 per Moody’s. Esso era al 35% del PIL nel 2021. Grazie al boom dei prezzi del petrolio, quest’anno il bilancio federale potrebbe chiudere in attivo.

Pur incidendo per appena il 5% del PIL, segnala una solidità fiscale di fondo invidiabile. Del resto, il paese del Golfo Persico produce almeno 3 milioni di barili al giorno e ne esporta 2-2,5 milioni. Gli bastano 60 dollari al barile per centrare il pareggio di bilancio, ma in questi giorni il Brent è venduto sui mercati internazionali a 110 dollari.

Rendimento alla luce del rischio cambio

La prima emissione di un bond in dollari è avvenuta nell’ottobre scorso. Fino ad allora, lo stato centrale non era mai sbarcato sui mercati esteri. Dicevamo, rischio di cambio per noi europei. Ma va detto che, stando allo spread Treasury-Bund a 10 anni, l’indebolimento medio annuo atteso per il biglietto verde contro la moneta unica sarebbe nell’ordine dell’1,60%. E, pertanto, il rendimento effettivo della tranche decennale appena emessa si attesterebbe a ridosso del 2,50%. Continuerebbe ad essere più che soddisfacente, specie considerato il basso rischio sovrano teorico.

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