La Grecia ha dato ieri mandato a un pool di banche per collocare sul mercato un nuovo bond a 5 anni. Gli istituti interessati sono Barclays, BofA, Commerzbank, Deutsche Bank, Morgan Stanley e Societe Generale. Si tratta della terza emissione di quest’anno. Le prime due hanno raccolto 6 miliardi attraverso obbligazioni a 10 e 30 anni. Per l’intero 2021, il governo di Atene ha fissato a 10-12 miliardi la raccolta totale, una cifra che coincide con gli 11,6 miliardi di spesa attesa per contrastare il Covid.

Il nuovo bond della Grecia dovrebbe raccogliere, quindi, qualcosa come 3 miliardi di euro. La cedola sarà molto bassa, se è vero che l’attuale “benchmark” quinquennale offre un rendimento dello 0,17%. Il BTp a 5 anni offre oggi lo 0,10%. In effetti, il Tesoro sta approfittando di questa finestra temporale di bassissimi tassi d’interesse per incrementare la liquidità disponibile il più possibile. Non ne avrebbe bisogno, dato che già possiede oltre una trentina di miliardi accantonati. Tuttavia, queste riserve rappresentano una garanzia per il mercato, il quale non sta facendo mancare la sua fiducia, pur a fronte di un debito pubblico al 200% del PIL ellenico.

Possibile, quindi, che Atene emetta il titolo con una mini-cedola in area 0,15-0,20%. In alternativa, potrebbe anche collocare sul mercato uno zero coupon, ma eventualmente la quotazione avverrebbe sotto la pari, in area 99 centesimi. Ad aprile, S&P ha promosso a sorpresa il rating della Grecia di un “gradino”, portandolo da BB- a BB. Ha altresì migliorato l’outlook da “stabile” a “positivo”. Ciò lascia intravedere una ulteriore possibile promozione entro i prossimi 12-18 mesi. Allo stato attuale, quindi, il debito ellenico viene classificato due gradini sotto il livello minimo “investment grade” (IG).

I bond della Grecia persero lo status IG nel 2010, quando il paese fu costretto a chiedere aiuto alla Troika (UE, BCE e FMI) per evitare il fallimento.

Per questo, la BCE non può inserirli tra gli assets acquistabili con il “quantitative easing”. Ma l’anno scorso, ha optato per rinunciare a tale regola in funzione degli acquisti realizzati con il PEPP, il piano emergenziale contro la pandemia. Grazie a questa eccezione, a fine marzo Francoforte possedeva titoli di stato greci per 22 miliardi. Verosimile che il quantitativo sia salito a 25 miliardi ad aprile.

Occhio all’eccesso di compiacimento. Il PEPP non dura in eterno e quando cesserà di esistere (dopo marzo 2022), in assenza di correttivi all’impianto delle regole, la BCE non potrà più acquistare bond della Grecia sul mercato. Inoltre, il ritiro degli stimoli monetari si mostra particolarmente pericoloso per un’economia gravata da debiti per il 200% del PIL, sebbene per l’80% questo si abbia nei confronti di creditori pubblici. Ad oggi, la percezione di sostenibilità dell’immenso stock è data dal sostegno della BCE da un lato e dal mancato pagamento di cedole e capitale ai creditori europei. Ma il periodo di grazia termina l’anno prossimo, dopodiché i pagamenti della quota capitale avverranno con l’emissione di nuovi bond. E la Grecia accrescerà la sua esposizione alle condizioni dei mercati.

[email protected]