Rendimenti obbligazionari ai minimi storici nell’Eurozona, dove la BCE al board di dicembre ha potenziato ulteriormente gli stimoli monetari, tra l’altro aumentando gli acquisti di assets con il PEPP di 500 miliardi di euro, allungando la durata del programma di 9 mesi al 31 marzo 2022. In teoria, anche quest’anno l’istituto coprirà per intero le emissioni nette di debito pubblico nell’area, così da tenerne sotto controllo i costi e consentire ai governi di sostenere la ripresa economica con la prosecuzione di una politica fiscale accomodante.

Il trend dei rendimenti, però, sarà intrinsecamente legato all’andamento della moneta unica sui mercati valutari, cioè per approssimazione al cambio euro-dollaro. L’altro ieri, il governatore della banca centrale finlandese ed ex commissario agli Affari monetari, Olli Rehn, ha dichiarato che “la BCE monitorerà molto da vicino il tasso di cambio”, pur ribadendo che essa non si ponga alcun target, ma riconoscendo come impatti sulle aspettative d’inflazione.

Il 2020 si è chiuso con un cambio euro-dollaro a 1,23, ai massimi dal marzo 2018. Ha guadagnato quasi l’11% in 12 mesi, troppo per un’economia esportatrice e in caduta libera con l’emergenza Covid. Non è un caso che l’Eurozona sia in deflazione dal mese di agosto. Il cambio influisce sui prezzi al consumo, rendendo più o meno costosi beni e servizi importati. Il “super” euro di questi mesi, associato alle basse quotazioni delle materie prime, tra cui il petrolio, ha ridotto i costi di importazione e produzione, finendo per deflazionare i prezzi e per disancorare le aspettative sull’inflazione futura, un fatto a cui la BCE guarda con estrema attenzione per non intaccare il suo obiettivo di centrare la stabilità dei prezzi.

L’inflazione nel 2021 determinerà il successo o il flop nel breve termine di questi bond

Inflazione e cambio euro-dollaro legati

Perché vi diciamo questo? I rendimenti dei bond risentono direttamente dell’inflazione attuale e attesa.

Una cosa è se compro un BTp a 10 anni che mi offre lo 0,60% all’anno con un’inflazione attuale negativa, un’altra se l’inflazione fosse nettamente positiva e persino attesa in accelerazione nei mesi e anni successivi. All’obbligazionista interessa il rendimento reale, non tanto quello nominale. E poiché l’inflazione dipende a sua volta anche dalle variazioni del cambio, il fatto che la BCE lo monitori ci dovrebbe allertare. Cosa significa questa espressione? Semplice: un cambio euro-dollaro troppo elevato (sopra 1,25?) non verrebbe tollerato. A quel punto, l’istituto interverrebbe con ogni probabilità attraverso nuovi stimoli monetari, i quali consisterebbero ancora una volta nell’iniettare ulteriore liquidità sui mercati.

In teoria, questa reazione dovrebbe sostenere i prezzi dei bond, dato che l’aumento della liquidità e degli acquisti equivale a una maggiore domanda di assets. Tuttavia, se il fine è di indebolire il cambio euro-dollaro, le aspettative d’inflazione dovrebbero “surriscaldarsi” e con esse i rendimenti richiesti dal mercato per acquistare bond. Lineare come ragionamento, se non fosse che la BCE ci provi da quasi 6 anni e senza risultati tangibili in tal senso. Va detto, comunque, che dopo un 2020 super la moneta unica, il 2021 potrebbe segnare una sua stabilizzazione sui mercati valutari, un fatto che eviterebbe l’attecchimento di aspettative d’inflazione negative. Per concludere, se le azioni di Francoforte venissero percepite sufficienti a fermare la forza dell’euro, i rendimenti smetterebbero almeno di arretrare e inizierebbero a risalire sulle medio-lunghe scadenze, una volta che la reflazione inizierebbe a materializzarsi. Nessun movimento drastico previsto, perché del resto la BCE resterà più che presente sui mercati fino ad almeno gli inizi del prossimo anno.

Lo scenario migliore per i BTp nel 2021? La ripresa economica senza inflazione

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