E’ andata molto, molto meglio della più rosea previsione il collocamento del primo bond ENI rivolto al pubblico dei risparmiatori (retail). Le numerose sottoscrizioni avevano superato l’importo massimo fissato per l’emissione già al termine della seconda giornata di questo martedì. La compagnia ha dapprima raddoppiato a 2 miliardi di euro il controvalore dell’emissione, come da Prospetto informativo; e ieri ha annunciato la chiusura anticipata dell’operazione alle ore 17.00 di oggi. In teoria, il collocamento sarebbe potuto andare avanti fino al venerdì 3 febbraio.

E’ bastata una sola settimana al posto delle tre fissate alla vigilia.

Il bond ENI ha scadenza 10 febbraio 2028 e cedola fissa annua lorda del 4,30% (ISIN: IT0005521171). Entro cinque giorni lavorativi dalla chiusura, l’emittente comunicherà il tasso definitivo. Esso non potrà essere inferiore al suddetto 4,30%. Dato il forte successo registrato, difficile che la compagnia alzi la cedola. Questa potrà salire dello 0,50% per il quinto e ultimo anno, nel caso in cui anche solo uno dei due obiettivi di sostenibilità ambientale indicati nel Prospetto non fossero stati raggiunti.

Bond ENI, cedola attira sottoscrizioni

Ed ecco la vera caratteristica peculiare del bond ENI: è legato ad obiettivi sostenibili! Ma ciò giustifica questa corsa quasi sfrenata alla sottoscrizione? A meno di ritenere che gli italiani si siano votati alla causa “green” in massa e indipendentemente dalle condizioni finanziarie loro offerte, diremmo di no. La realtà è che una cedola del 4,30% per un investimento di appena cinque anni fa gola. Non eravamo abituati da anni a questi numeri. Eppure, di per sé non stiamo parlando di alcunché di clamoroso. Al netto dell’imposta sui redditi di natura finanziaria, scendiamo al 3,1825%. E conteggiando l’imposta di bollo dello 0,20% all’anno sulle giacenze del conto titoli, non arriviamo al 3%. E per fortuna non ci sono costi legati alle commissioni bancarie per la sottoscrizione.

C’è il rischio che il rendimento netto reale alla scadenza si riveli nullo o persino negativo.

L’inflazione starebbe già scendendo in Italia, ma sarà il ritmo di questo calo a rendere più o meno conveniente il bond ENI in offerta. Evidentemente, ai risparmiatori interessa per il momento spostare liquidità dai conti bancari, dove i tassi d’interesse goduti continuano a sfiorare mediamente lo zero. Certo anche che dietro al successo del collocamento retail c’è la bravura delle banche incaricate di occuparsi dell’operazione. In campo ci sono i due colossi italiani: Unicredit e Intesa Sanpaolo.

Ai clienti con liquidità sui conti arrivano le chiamate della rete e, dato il nome rassicurante dell’emittente, molti accettano di sottoscrivere il bond ENI. Percepiranno una cedola certa e accettabile, tutto sommato, in cambio di un rischio molto basso. La compagnia è controllata dallo stato e attiva in un campo molto fiorente in questa fase, cioè quello petrolifero ed energetico in generale. Ma la corsa alle sottoscrizioni fa riflettere sulle potenzialità inespresse dei BTp, i quali offrono attualmente rendimenti netti di poco inferiori sulla medesima scadenza. E allungando l’orizzonte temporale, esistono diverse soluzioni appetibili per cedola e prezzo. Ma forse le banche non chiamano i clienti per proporre loro titoli di stato.

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