Chi vuole sfuggire ai tassi zero delle banche e vuole impiegare in maniera più fruttifera i propri risparmi, può prendere in considerazione il mercato obbligazionario. Ma i rendimenti offerti in questa fase sono così bassi, che in pochi vorranno lasciare il conto corrente. I bond emergenti possono essere una soluzione alternativa importante, ma a costo di addossarsi diversi rischi: di credito e di cambio. Se volessimo restare tra gli asset in euro, un buon compromesso potrebbe consistere nel ricorso ai bond emergenti denominati nella moneta unica.

Ve ne presentiamo un paio, emessi dall’Albania. Parliamo di una piccola economia con un PIL di appena 15 miliardi di dollari. Negli ultimi 30 anni, cioè dall’uscita dal comunismo, ha compiuto notevoli passi in avanti. Pur presentando un PIL pro-capite ancora inferiore ai 5.000 euro, parliamo di un dato sestuplicato rispetto alla metà degli anni Novanta.

Bond emergenti in euro dell’Albania

I bond emergenti in euro che vi presentiamo sono due. La prima è una scadenza a 4 anni: 9 ottobre 2025 e cedola 3,50% (ISIN: XS1877938404). La sua quotazione attuale è di 107, per cui offre un rendimento lordo dell’1,73%. A titolo di confronto, il BTp di pari durata presenta un rendimento negativo dello 0,22%. La seconda scadenza è di 6 anni: 16 giugno 2027 e cedola 3,50% (ISIN: XS2010031990). Qui, il rendimento sale al 2,05% e si confronta con uno italiano sotto lo 0,05%.

In altri termini, questi bond emergenti in euro ci offrono fino al 2% in più rispetto ai BTp. Poiché nessun pasto è gratis, ciò è dovuto non certo alla maggiore generosità del governo di Tirana, quanto al più alto rischio sovrano teorico. In effetti, i titoli di stato albanesi godono di rating molto bassi: B+ per S&P e B1 per Moody’s. Si tratta di giudizi “non investment grade”, altrimenti detti anche “spazzatura”. L’Albania ha un debito pubblico al 73% del PIL, meno della metà dell’Italia.

Al maggio scorso, le sue riserve valutarie valevano poco più di 7 mesi di importazioni, un dato relativamente rassicurante.

Fa ben sperare anche il tendenziale apprezzamento del cambio contro l’euro nell’ultimo decennio: +13%. Ciò significa che il debito contratto in valuta forte si “sgonfia” con gli anni per il bilancio pubblico albanese e, di conseguenza, il rischio default su di esso si abbassa. Non depone, però, a suo favore il cronico passivo delle partite correnti, segno della scarsa competitività dell’economia domestica e fattore determinante per i bassi giudizi delle agenzie di rating.

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