L’Australia ha appena emesso il nuovo bond a 30 anni, in scadenza nel giugno 2051. Il collocamento sindacato, avvenuto per messo di ANZ, Commonwealth Bank of Australia, Deutsche Bank, JP Morgan e UBS, ha raccolto ordini per 36,8 miliardi di dollari, a fronte di un’offerta di 15 miliardi. Il rendimento esitato è stato dell’1,92% lordo, ai minimi del range prefissato. I due precedenti collocamenti sindacati avevano attratto nel complesso 140 miliardi, relativamente al record di 19 miliardi offerti a maggio per il bond a 10 anni e mezzo e ai 17 miliardi per quello a 5 anni del 14 luglio scorso.

Bond australiani a bomba con il virus cinese

Quest’anno, il deficit fiscale australiano esploderà a 170 miliardi, portando il livello complessivo del debito pubblico a oltre 850 miliardi. Anche il paese risente della crisi mondiale provocata dal Coronavirus. Si pensi che il deficit dell’anno fiscale conclusosi al 30 giugno scorso ha sfiorato gli 86 miliardi, quando il governo stimava prima della pandemia di chiudere in avanzo di 5 miliardi.

Poco meno del 2% per un’emissione trentennale si mostra molto appetibile, se si pensa che il Treasury americano di pari durata offra poco più dell’1,20% e che il Bund viaggi ancora su livelli di rendimento negativi per la medesima scadenza. Lo stesso BTp rende intorno ai livelli australiani, eppure rischia il declassamento a “junk”, mentre le agenzie di rating valutano il debito di Canberra massimamente affidabile, assegnandogli la tripla “A”, un onore di cui possono fregiarsi solamente 11 stati al mondo, tra cui Germania e Olanda.

Il fattore cambio

Ma quando un rendimento riguarda un’obbligazione denominata in valuta straniera, la prima cosa che dobbiamo cercare di capire è se il tasso di cambio non rischi di infliggerci perdite. Il dollaro australiano perde circa il 2,5% quest’anno contro l’euro, ma rispetto ai minimi toccati a marzo ha già recuperato intorno al 16%. La sua evoluzione dipende da svariati fattori, tra cui la ripresa (in corso) dell’economia cinese, verso la quale l’Australia esporta buona parte delle materie prime.

Ricordiamoci che prima del Covid, la terra dei canguri non era andata in recessione sin dal 1991, segnando un record mondiale.

Il governatore Philip Lowe ha escluso che la Reserve Bank of Australia porterà i tassi in territorio negativo e ciò dovrebbe offrire supporto al cambio, dato che i rendimenti sovrani si mostrano superiori a quelli americani ed europei lungo la curva: 0,42% sui 5 anni, 0,915% sui 10 anni. E si tenga anche in considerazione il basso livello di indebitamento, atteso a meno del 50% al culmine di questa crisi, percentuale nettamente inferiore persino a quelle di paesi fiscalmente molto solidi come Germania e Olanda prima del Covid.

Perché il debito australiano merita un po’ della vostra attenzione

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