E’ oramai ufficiale: Unicredit eserciterà la facoltà di rimborso anticipato del bond AT1 emesso (ISIN: XS1619015719) nel 2017 per l’importo di 1,25 miliardi di euro. L’annuncio era stato dato a marzo, ma si attendeva una decisione in tal senso da parte della Banca Centrale Europea (BCE). E l’ok di Francoforte è arrivato proprio questa settimana. Di conseguenza, in data 3 giugno la banca italiana effettuerà il pagamento alla pari del capitale a favore degli obbligazionisti.

Rimborso bond Unicredit con capitale proprio

Il bond AT1 in questione si è chiaramente apprezzato, portandosi esattamente alla pari.

Per acquistarlo oggi serve spendere esattamente il 100% del capitale nominale. Dopo il tonfo di marzo, seguito alla vicenda di Credit Suisse, era già risalito verso quota 100. Il rimborso anticipato avverrà attingendo a risorse proprie, cioè senza emettere nuove obbligazioni. Questo significa che il rimborso del bond Unicredit farà risparmiare gli interessi all’emittente. Dalla sua emissione e fino al prossimo 3 giugno, stacca cedola lorda annuale del 6,625%. In totale, qualcosa come quasi 83 milioni di euro all’anno.

Se Unicredit non avesse richiamato il bond AT1, dopo il 3 giugno la cedola sarebbe diventata variabile e pari al tasso “midswap” a 5 anni più uno spread di 638,7 punti. Alle attuali condizioni di mercato, ciò equivarrebbe a un tasso d’interesse lordo annuale del 9,5%. La spesa per interessi si sarebbe avvicinata a 120 milioni annui in una prima fase. La reazione degli investitori alla notizia è stata chiaramente positiva. L’ok della BCE sottintende la fiducia verso le condizioni finanziarie della banca italiana, la quale ha evidentemente la possibilità di attingere al proprio capitale per ripagare un debito sostanzioso.

Bond AT1 giù con Credit Suisse

I bond AT1 sono stati nell’occhio del ciclone nelle settimane passate. A marzo, Credit Suisse fu salvata dallo stato svizzero con un’operazione di sistema che previde la fusione con UBS.

I suoi bond AT1 furono azzerati senza che lo stesso accadesse al capitale azionario, il quale fu semmai defalcato. In tutta Europa il mercato delle obbligazioni subordinate tremò per giorni sul timore che altrove l’operazione potesse essere replicata e che i bond AT1 effettivamente si rivelassero ancora più rischiosi di quanto già noto.

Si tratta di obbligazioni senza scadenza, che prevedono un periodo “non callable”, generalmente di 5 o 6 anni, trascorso il quale l’emittente fissa date di reset ogni tot anni (in genere, 5). A quelle date, si avvale della facoltà di rimborsare il capitale agli obbligazionisti. Se non lo facesse, la cedola da fissa diverrebbe variabile sulla base di condizioni prestabilite. Questi bond possono essere azzerati nel caso in cui i ratios patrimoniali scendano sotto il livello regolamentare minimo. La distribuzione delle cedole può essere, invece, rinviata a certe condizioni. Per queste ragioni, si considerano strumenti a metà tra capitale e debito. Nel caso di bail-in, partecipano alle perdite subito dopo le azioni e prima delle altre obbligazioni subordinate. Dato l’elevato rischio insito nell’investimento, i tassi offerti sono relativamente sostanziosi.

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