La Danimarca lancerà nel 2020 un nuovo bond a 30 anni per la prima volta dopo 10 anni. Il titolo avrà scadenza nel 2052 e dovrebbe essere emesso per un importo compreso tra 5 e 10 miliardi di corone l’anno prossimo, qualcosa come tra 650 milioni e 1,30 miliardi. In realtà, Copenaghen non ha bisogno di potenziare le sue emissioni sovrane, avendo conti pubblici in attivo. Semmai, il nuovo bond trentennale punta a ricostituire una curva delle scadenze sul tratto lungo, consentendo alla sua industria dei fondi pensione da oltre 610 miliardi di euro di investire in assets domestici con tripla “A” e con rendimenti verosimilmente positivi.

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Già, i rendimenti! La Danimarca è stata in questi anni la patria dei tassi negativi e la sua curva è caduta interamente sottozero nei mesi scorsi, sebbene oggi renda positivamente a partire dal 14-esimo anno. Il ventennale, però, offre solo lo 0,08%. Già questo ha spinto i fondi pensione ad espatriare in cerca di “yield”, specie perché il basso grado di indebitamento rende il mercato sovrano domestico poco liquido.

Test anche per il “peg” contro l’euro

Essendo i fondi pensione tipicamente investitori a lungo termine, il trentennale danese sarà il benvenuto nel 2020, per quanto non risolva tutti i problemi con cui il mercato del risparmio scandinavo sta avendo a che fare da anni. La Svezia ha posto fine all’esperimento dei tassi negativi da pochi giorni, ma la Danimarca non può ancora permettersi di fare altrettanto, avendo il cambio agganciato all’euro attraverso un “peg” che dura dal 1982, prima ancorando la corona al marco tedesco e dal 2000 alla moneta unica. Se la banca centrale alzasse i tassi prima e/o in misura superiore alla BCE, i capitali si dirigerebbero a frotte nel paese, minacciando il rapporto semi-fisso come nel 2015, quando infuriava il rischio Grexit e il mercato scontava il rischio di un de-pegging in stile svizzero.

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E proprio il rendimento trentennale verrà monitorato con attenzione per verificare se il peg reggerà nel lungo periodo. Spread rilevanti con il Bund di pari durata non sarebbero percepiti positivamente in tal senso, implicando tassi di cambio potenzialmente troppo forti o deboli rispetto al range massimo in cui è consentito loro muoversi contro l’euro. Al momento, il trentennale tedesco viaggia in area 0,33% e alcuni manager dei fondi pensione danesi si aspettano che quello domestico si attesti effettivamente tra lo 0,25% e lo 0,50%.

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