Il rating sui BTp di Fitch migliora di un gradino, passando da BBB- a BBB. Lo ha comunicato la stessa agenzia nella serata di venerdì scorso, notando l’impatto positivo sui conti pubblici che sta avendo la crescita robusta dell’economia italiana, attesa al 6,2% per quest’anno. Con questo annuncio, il giudizio si allinea a quello di S&P, ponendosi un gradino sopra al Baa3 di Moody’s. Quest’ultimo classifica il debito pubblico italiano appena sopra il livello “non investment grade”, altrimenti noto anche come “speculativo” o “spazzatura”.

Sia S&P che Fitch assegnano all’Italia il nono voto più alto delle rispettive scale di giudizio. Lo scorso anno, a sorpresa Fitch aveva declassato i BTp a BBB-. Erano i mesi più duri della pandemia, con l’Italia in lockdown, un debito pubblico atteso in forte rialzo e un PIL al collasso. Dopodiché il quadro è mutato favorevolmente al nostro Paese. Anzitutto, la BCE ha iniziato a monetizzare di fatto i debiti sovrani nell’Eurozona attraverso il PEPP, elevandolo a 1.850 miliardi di euro e sommandolo al “quantitative easing”.

Rating BTp, le ragioni dell’upgrade

Nella sostanza, ha significato che le emissioni nette di debito da parte dei governi dell’area sono state tutte più che coperte da Francoforte, tant’è che i rendimenti sovrani sono precipitati anche in Italia ai nuovi minimi storici. In più, la Commissione europea ha varato il Recovery Fund da 750 miliardi, di cui 390 in sovvenzioni. Al di là delle cifre, ha segnalato di volere reagire a sostegno delle economie più deboli, contrariamente a quanto avvenne all’indomani della crisi finanziaria mondiale del 2008-’09.

Insomma, il debito pubblico italiano resta elevatissimo, pur atteso in discesa già quest’anno, ma non preoccupa più di tanto per il semplice fatto che costa poco rifinanziarlo. Merito quasi esclusivamente della BCE e del clima rassicurante venutosi a creare a Roma con l’ingresso di Mario Draghi a Palazzo Chigi.

In mattinata, il rendimento dei BTp a 10 anni era sceso allo 0,90% e lo spread a 130 punti. Nessun movimento eclatante, anche perché il passo di Fitch, per quanto non scontato, non muta granché le prospettive dei conti pubblici italiani.

Resta la preoccupazione per la futura normalizzazione monetaria. La BCE non acquisterà bond all’infinito, ma già a fine marzo li cesserà con il PEPP. E Bruxelles sarà via via meno accomodante sulle politiche fiscali, richiedendo ai governi il rientro dai deficit stellari di questi anni. Infine, che fine farà Draghi? Resterà a Palazzo Chigi o andrà al Quirinale? In questo secondo caso, avrà modo di garantire nel concreto per la salvaguardia del debito pubblico tricolore?

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