Martedì, 28 maggio, il Tesoro collocherà sul mercato la nona tranche dei BTp maggio 2023 (ISIN: IT0005329344 )  indicizzati e la ventiduesima dei BTp maggio 2028 (ISIN: IT0005246134), anch’essi indicizzati. A cosa? All’inflazione europea, come da Eurostat. Il controvalore complessivo sarà compreso tra 750 e 1,25 miliardi di euro. Il primo bond offre cedola reale annuale dello 0,1%, il secondo dell’1,30%, corrisposta in due semestrali. Allo stato attuale, sui mercati rendono rispettivamente lo 0,89% e l’1,73% lordo, a cui vanno sommati i tassi d’inflazione del periodo e che nell’ultima rilevazione Eurostat relativa al mese di aprile si attestava all’1,7% annuo, mentre la media dell’ultimo semestre è stata di quasi l’1,6%.

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Rispetto ai BTp con cedola fissa di pari o simile durata, il rendimento esitato sul secondario dai due bond appare relativamente elevato. Infatti, il BTp 2023 e cedola 4,50% offre l’1,35%, mentre quello con scadenza febbraio 2028 e cedola 2% offre il 2,25%, rispettivamente solo lo 0,46% e lo 0,52% in più delle scadenze con cedola legata all’inflazione. Questo significherebbe che il mercato stia scontando una crescita anemica dei prezzi da qui a quasi tutto il prossimo decennio, nettamente più bassa al target fissato dalla BCE “vicino, ma di poco inferiore al 2%”. P.S.: per semplicità, stiamo uguagliando inflazione italiana a quella dell’area.

Per quanto effettivamente l’inflazione abbia disatteso le previsioni di analisti e stessa BCE negli anni recenti, ci sembra molto difficile ipotizzare che mediamente si attesi intorno al mezzo punto percentuale da qui al 2028. Se il mercato stesse sottostimando l’inflazione futura, quindi, significherebbe che i BTp indicizzati siano anch’essi sottovalutati, ossia stiano rendendo troppo e prezzando poco. Dunque, converrebbe farci un pensiero se credessimo a una crescita annua media dei prezzi superiore a quella attualmente esitata dal confronto tra i bond indicizzati e quelli a cedola fissa.

Il confronto tra BTp-i e BTp Italia

Peraltro, i BTp-i non sono gli unici indicizzati italiani negoziati sul secondario. Come sappiamo, lo stesso dicasi per i BTp Italia, con la differenza che questi ultimi offrono una cedola legata all’inflazione italiana. Non dovrebbero divergere granché, quanto a rendimento, visto che la crescita dei prezzi in Italia dovrebbe nel medio e lungo periodo convergere con quella del resto dell’Eurozona. Tuttavia, il BTp Italia con scadenza maggio 2023 esita un rendimento decisamente superiore e pari all’1,20%. Non esiste, invece, alcun BTp Italia con scadenza nel 2028; il più longevo sinora emesso scade nel 2026 e offre l’1,31%. Anche immaginando un rendimento extra dello 0,1% per un bond a 9 anni, dovremmo ammettere che siamo di fronte a numeri profondamente diversi da quelli esibiti dai BTp-i.

E se il mercato obbligazionario stesse sbagliando i conti sull’inflazione?

In altre parole, sempre confrontando i BTp Italia con gli omologhi per durata con cedola fissa, notiamo come il mercato stia prezzando un’inflazione italiana ancora più bassa e pari solamente allo 0,15% medio per i prossimi 4 anni, nonché di circa lo 0,85-0,90% medio per i prossimi 9 anni. Per intenderci, l’inflazione in Italia sarebbe attesa molto più bassa e quasi azzerata nel medio termine, mentre nel lungo sarebbe ugualmente bassa, ma superiore a quella media dell’Eurozona. Troppo poco per non prevedere un apprezzamento anche di questi due titoli, man mano che la crescita dei prezzi nei prossimi anni dovesse attecchire nel nostro Paese.

In soldoni, poiché viviamo in Italia, a noi interessa tutelarci dalla perdita del potere di acquisto in Italia, optando per la soluzione migliore tra i due tipi di bond indicizzati. Ebbene, se crediamo che la maggiore vivacità economica nell’Eurozona si ripercuota positivamente sui prezzi nell’area, esitando per il prossimo quadriennio un’inflazione superiore di almeno lo 0,3% medio rispetto all’Italia, allora meglio buttarsi sui BTp-i maggio 2023.

E a maggior ragione, se crediamo che questa tendenza si mantenga per un periodo lungo. Se anche solo, ad esempio, ipotizzassimo un’inflazione mediamente uguale tra Italia ed Eurozona fino al 2028, converrebbero i BTp-i, i quali già oggi rendono di più dei BTp Italia, pur nell’assenza di una scadenza di questi ultimi per il 2028. A titolo di esempio, nel quadriennio passato, l’inflazione italiana è stata cumulativamente dell’1,5% più bassa rispetto a quella media dell’Eurozona, pari alla media annua dello 0,37% in meno.

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