Tira il fiato il peso argentino dopo il crollo di agosto. A puntellare le quotazioni è intervenuta la Banca Centrale che finora ha acquistato sul mercato valuta locale per 13 miliardi di dollari abbassando il livello delle riserve di pari importo fino a 51 miliardi di dollari. Contestualmente sono attivate misure sul controllo dei capitali per evitare che  i risparmiatori fuggano o cambino il peso al mercato nero, come solitamente avviene durante le fasi di panico.

Considerata l’emergenza, il FMI ha imposto al governo di Mauricio Macrì, uscito bastonato dalle consultazioni primarie dello scorso mese, di avviare le procedure per rinegoziare coi creditori il debito del Paese.

Una prima mossa è stata quella di sospendere temporaneamente i rimborsi delle Letras, titoli di stato domestici e i bond municipali a breve scadenza. A breve sarà però lanciato un programma che coinvolgerà tutti i bond internazionali in valuta forte al fine di allungarne le scadenze senza interrompere il pagamento degli interessi e tagliare il nominale dei titoli sul mercato. Un diktat imposto dal Fondo Monetario che dovrà erogare entro questo mese una tranche di aiuti da 5,4 miliardi di USD nell’ambito di un finanziamento complessivo concesso all’Argentina di 57 miliardi.

Il debito argentino e la valuta locale

Il trauma dei diversi default che l’Argentina ha affrontato in passato è ancora ben presente nella mente della popolazione. La possibilità che si giunga ad un’altra situazione simile ha spinto a ritirare rapidamente i depositi. Questo panico ha reso il meccanismo di trasmissione della politica monetaria totalmente inefficace – dice Delphine Arrighi, gestore del fondo Merian Emerging Market Debt – e ha pesato sulla valuta. Tuttavia, più debole è la valuta, più elevato è il rapporto debito/Pil del Paese che, a sua volta, ostacola la ripresa nel valore dei suoi bond denominati in dollari.

Riserve limitate e controllo sui capitali

Dato che le riserve di valuta estera sono limitate, e in rapida diminuzione, per ripagare il debito, il Governo ha dovuto ricorrere all’ultima arma a sua disposizione per contenere le riserve e la valuta, che altrimenti avrebbe raggiunto livelli impensabili, a danno della stabilità macroeconomica. Pur non rappresentando la misura ideale, dato che creano altre distorsioni nell’economia – dice Arrighi – i controlli sui capitali aiutano se non altro a mantenere il Paese a galla, mentre si prepara alla transizione verso la nuova amministrazione. Alla luce di ciò, tali misure sono benvenute, finché restano targettizzate e temporanee. Questa strategia dovrebbe anche innescare una discussione più ordinata sul tema della ristrutturazione del debito estero con i detentori dei bond e il FMI, che dovrebbe essere più incline a erogare la prossima tranche nel corso delle settimane a venire, su garanzia che tali finanziamenti non verranno utilizzati per facilitare fughe di capitale.

Le obbligazioni argentine

Sul mercato i bond argentini sono crollati a circa 40% del valore nominale scontando un allungamento del periodo di maturazione per circa 110 miliardi di dollari di debito pubblico, un terzo del totale dell’Argentina.

Coinvolti nel processo di ristrutturazione, per il quale le agenzie di rating hanno già posto il Paese in stato di pre-default, ci sono anche i debiti emessi dalle amministrazioni provinciali e municipali, i rimborsi del FMI e i debiti in valuta locale, ma non è escluso che possano essere interessate anche anche società di capitali a partecipazione statale, quali Telecom Argentina, banche e società energetiche e di trasporti.