Per l’Argentina scatta l’ora del default. Un default tecnico, strano, mai visto prima, dato che Buenos Aires ha i soldi per onorare il debito ristrutturato nel 2005 e 2010 e lo ha messo puntualmente a disposizione dei creditori. Ma per una strana serie di coincidenze giuridiche e temporali, questo è stato bloccato dal giudice americano Thomas Griesa presso la Banca di New York, incaricata dei pagamenti, che aveva condannato l’Argentina a risarcire i possessori delle obbligazioni che non avevano aderito alla ristrutturazione, i cosidetti “holdouts”.

Sotto scacco sono finiti bond Argentina 2033 che staccavano la cedola il 30 giugno scorso e per i quali il pagamento era stato sospeso dallo stesso giudice in attesa che Buenos Aires e i fondi avvoltoi (che avevano fatto causa all’Argentina) trovassero un accordo per il risarcimento entro la fine del mese di luglio.   Obbligazioni argentine giù del 20%   [fumettoforumright]Ma l’accordo non è arrivato e l’Argentina è quindi risultata inadempiente. Anche perché la sentenza del Tribunale di New York vincola il pagamento delle cedole dei bond al contestuale risarcimento ai fondi avvoltoi. Un inghippo giuridico che non mancherà di sollevare polemiche sull’operato della giustizia americana, anche solo per non aver concesso più tempo per perfezionare i negoziati fra il governo e gli holdouts. In ballo ci sono qualcosa come 1,5 miliardi di dollari che per l’Argentina non sono pochi. Intanto Standard & Poor’s non ha perso tempo e ha declassato il debito pubblico argentino a “SD”, cioè selective default e i rendimenti obbligazionari in dollari sono esplosi. Il bond Argentina 8,75% 2017 (XS0501195480), quotato sul TLX, prezza intorno a 78 e rende il 19,50% a scadenza. Giù anche le quotazioni delle obbligazioni emesse dalla Provincia di Buenos Aires con rendimenti che vanno dal 10 al 15% anche se questi titoli sono esclusi dal default.   L’accordo ci sarebbe ma la clausola RUFO lo impedisce   Cosa succederà adesso? La confusione regna sovrana e le voci più disparate si rincorrono fra New York e Buenos Aires.
C’è chi sostiene che il giudice Griesa abbia consentito all’ultimo momento il pagamento delle cedole sui bond Argentina 2033 per cui un default vero e proprio non ci sarebbe stato. Secondo il ministro dell’economia Axel Kicillof, invece, il pagamento sarebbe ancora bloccato. Rimangono, poi, ancora aperte tutte le strade per trovare un accordo con i fondi avvoltoi. “Questo è un default molto particolare, non c’è un problema di solvenza, quindi tutto dipende da quanto velocemente viene risolto” – spiegano gli analisti di Goldman Sachs -. In questo caso il governo è infatti solvente e l’entità dei problemi che il nuovo default potrà infliggere all’Argentina, già in recessione, dipenderà da quanto velocemente il governo riuscirà a districarsi dalla complessa situazione. Buenos Aires sostiene che soddisfare la richiesta degli hedge fund di essere pagati per intero violi una clausola che vieta di offrire condizioni migliori rispetto a coloro che hanno accettato accordi negli swap del 2005 e 2010 (clausola RUFO). In ogni caso, questa clausola scadrà il prossimo 31 dicembre, poi il governo potrà raggiungere un accordo con i fondi. Molti investitori ed economisti sperano ancora in una soluzione prima di allora.   L’Argentina ha emesso un nuovo bond da 3 miliardi   “Il nostro caso base è che il default venga cancellato entro gennaio 2015”, spiega Alberto Bernal, partner di Bulltick Capital Markets, che prevede che il fallimento possa provocare una contrazione dell’economia del 2%, rispetto al precedente consensus del mercato dell’1%. In ogni caso Buenos Aires sta già lavorando al cambiamento di giurisdizione delle obbligazioni ristrutturate per consentire il regolare pagamento degli interessi sui titoli in corso. Non solo. Lo scorso mese di giugno l’Argentina era riuscita a collocare un nuovo bond decennale per oltre 3 miliardi di dollari con cedole 8,75% (ARARGE03H413) a dimostrazione del fatto che il paese, benché in difficoltà è solvente e il mercato non crede a un default imposto da giudici americani.