Ieri, la capitale degli Emirati Arabi Uniti ha collocato sul mercato nuove obbligazioni in dollari, tornando a rivolgersi ai mercati internazionali dopo quattro mesi. In aprile, aveva raccolto capitali per 7 miliardi, riaprendo il collocamento un mese dopo e incassando altri 3 miliardi. Stavolta, agli investitori ha chiesto 5 miliardi, attraverso l’emissione di tre tranche: una a 3 anni, un’altra a 10 anni e mezzo e, infine, una a 50 anni. Quest’ultima è stata l’emissione più longeva di sempre nella storia dell’intero Golfo Persico.

Bond a 50 anni al 3%, la crisi del petrolio crea opportunità di guadagni

L’operazione si è rivelata un successo, come segnala il “pricing” finale, dal quale sono emersi rendimenti inferiori rispetto a quelli attesi alla vigilia. In dettaglio, il titolo con scadenza settembre 2023 è stato emesso per 2 miliardi di dollari al rendimento di appena 65 punti base sopra il Treasury di pari durata, cioè allo 0,83%. Il titolo con scadenza marzo 2031 ha esitato un rendimento di +105 punti base sopra il Treasury, cioè all’1,74%, per 1,5 miliardi. Infine, gli 1,5 miliardi che saranno rimborsati tra mezzo secolo hanno spuntato un rendimento del 2,70%, inferiore al 3% inizialmente atteso.

Il successo di questo collocamento si deve a svariate ragioni. Anzitutto, sui mercati internazionali è da tempo caccia alla “yield”, con i fondi a mendicare una minima remunerazione per i capitali investiti a nome dei clienti, anche al costo di assumersi maggiori rischi. Invece, nel caso di Abu Dhabi abbiamo rendimenti, tutto sommato, decenti, a fronte di rating molto alti (“AA/AA/Aa2”), per cui la sicurezza va a braccetto una volta tanto con rendimenti accettabili.

Rendimenti e rischio

Si consideri che non esiste un Treasury della durata di 50 anni, ma quello più longevo è di 30 anni e offre attualmente un rendimento inferiore all’1,40%. Ipotizzando una curva sostanzialmente piatta sulle scadenze più lunghe, possiamo ben affermare che l’emirato abbia offerto un premio di almeno 100 punti base, più che sufficiente per attirare capitali dal resto del mondo, anche perché il petrolio sta recuperando, pur lentamente, rispetto ai livelli infimi a cui le sue quotazioni sono precipitate nella primavera scorsa.

E questa è una buona notizia per chi investe nel debito di un’economia esportatrice di greggio e gas.

I fondamentali depongono tutti a favore dei bond di Abu Dhabi, in rally negli ultimi mesi. L’unico rischio reale a cui si andrebbe incontro acquistandoli sarebbe oggi paradossalmente il cambio. Il dollaro dovrebbe indebolirsi sui mercati e questo deprimerebbe il valore in euro dei titoli alle rispettive scadenze, nonché delle cedole alle date fissate per il loro pagamento. Il rendimento effettivo ne risulterebbe più basso e in uno scenario più estremo persino potenzialmente negativo, erodendo il capitale investito.

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