Tra le tante manovre che il nuovo Governo sta mettendo in atto c’è anche quella di rivedere le tasse sul lavoro. A tal proposito la Meloni si autocelebra affermando che il suo è il governo che ha fatto di più in tal senso. Pronta arriva la smentita dell’opposizione, con Renzi che su tutti afferma di aver fatto più di lei. Chi ha ragione dei due? In realtà, hanno probabilmente torto entrambi.
Tasse sul lavoro, sfida Renzi Meloni
Un altro big match sta andando in scena nel mondo politichese del nostro paese.
E cosa dire invece di Renzi? In realtà, nemmeno lui opera un vero e proprio taglio delle tasse, bensì sussidiò i lavoratori con il bonus di 80 euro, cosa che portò a un aumento della spesa pubblica, cioè proprio la stessa cosa di cui si incolpa il reddito di cittadinanza (che però ha un costo decisamente più elevato). A livello concettuale, quindi, hanno torto entrambi, anche se indubbiamente per gli italiani queste sottigliezze tecniche poco interessano, quel che conta è che in entrambi i casi si sono trovati con qualche soldo in più in busta paga.
Conti alla mano
Il bonus Renzi (80 euro, poi portati a 100 dal Conte bis) sono costati allo stato 9 miliardi di euro l’anno. Si tratta del provvedimento che più ha fatto lievitare le buste paga degli italiani fino al 2023.
Perché quindi la Giorgia nazionale afferma di aver operato (in maniera concettualmente impropria) il più grande taglio sulle tasse del lavoro? È probabile che le intenzioni del suo Governo siano quelle di estendere tale provvedimento non solo ai sei mesi previsti, ma a un anno intero. In questo caso, sommando tale manovra sul cuneo fiscale ai due punti tagliati sui contributi previdenziali a gennaio, allora si arriverebbe a 13,128 miliardi. Allora sì che ci troveremo davanti al più grande taglio operato non solo negli ultimi 10 anni, ma anche di più.